venerdì 31 gennaio 2014

Peccato...

Peccato. Peccato vedere tutte le giovani promesse che solo pochi mesi fa avevano portato un felice vento nuovo con i loro zainetti nel Parlamento trasformarsi nel solito rabbioso giro di chi non sa che altro fare.

Assalti ai banchi del governo con memoria di Ombre Rosse: la carica verso la presidenza parte da un capofila che si muove dall'alto e fa segno ai suoi di uscire dai banchi con gesti da indiani.

Bavagli tirati sulla bocca, come di fronte alla polizia in piazza, salti con slancio sui banchi del governo e attacco ai commessi di Montecitorio degni di scontro con i Navy Seal. E paroloni, paroloni - "boia", "golpisti", "affamatori" - tirati in aria senza testo e senza contesto dunque come coriandoli in un anticipo di Carnevale.

Fino alla Carnevalata più grossa di tutte, appunto, l'autoinvestitura di Beppe Grillo, che di fronte a una magnifica finestra di una bella stanza, annuncia che la democrazia è morta e tocca a lui ora guidare i nuovi partigiani (siete dei guerrieri meravigliosi."  (blog Beppe Grillo)

Quello che è stato descritto come un assalto alla democrazia, è stato in effetti solo una messa in scena organizzata da dilettanti della sceneggiatura.

Peccato, davvero. Soprattutto perché di gente che urla e grida e assale in sostituzione di parole e fatti l'Italia ne ha conosciuta molta. Ma questi non si chiamano forse fascisti, caro Grillo? Altro che partigiani!


lunedì 27 gennaio 2014

Pensioni... congelate :(

In questo momento storico in cui succede l’incredibile e l’impossibile in ogni settore della società, prendo spunto  dalla notizia della donna che ha tenuto per quattro anni il cadavere della mamma in frigo, per fare delle semplici considerazioni. Non mi soffermerei  sul  rapporto tra la figlia e la madre, né sui tristi dettagli: la treccia, il colbacco, il cane Pepe. Mi sembra, invece, più rispettoso tacere su una vicenda che rivela un abisso di dolore e solitudine enormi.
Ma voglio partire da questo fatto terribile di cronaca  per tirar fuori un tema che pure, quanto a sofferenza – ma questa volta causata da scelte politiche e sociali – non scherza … è un tema che suscita in me un sentimento di pura  rabbia, e del quale tuttavia presto non si potrà più tacere …
 Cosa succede quando un anziano, unica fonte di reddito di una famiglia, in qualsiasi modo composta (come quella di Novara, madre e figlia), finisce perché la persona muore? Nel caso di questa figlia, che con tutta evidenza ha agito in questo modo solo perché profondamente malata, poche centinaia di euro, che le consentivano però, (a soli cinquantadue anni non può certo percepire la pensione di vecchiaia) di sopravvivere.
Oggi questa è la situazione dell’Italia: da un lato, persone che vivono esclusivamente grazie a pensioni di genitori anziani e nonni; dall’altra, la mancanza – l’unico paese in Europa – di un sussidio di disoccupazione universale, come ad esempio il reddito minimo, di cui tanto si è discusso per non arrivare a nulla. Quando si parla di lavoro e disoccupazione, si parla quasi sempre di lavoro dipendente e sussidi da perdita di lavoro dipendente, come la cassa integrazione. Ma per tutti quelli che hanno un lavoro precario,  e soprattutto per tutti quelli che non hanno lavoro e basta  non c’è nulla, neanche un euro. Sono milioni di persone: ragazzi, e poi trenta - quarantenni, cinquantenni esodati o che hanno perso un lavoro autonomo…
Se non sei vecchio, se sei sano, ma se non hai un lavoro e non riesci a trovarlo  in che modo sopravvivi?...
 Mistero. O meglio no: tutti lo sanno, politici compresi, ma il silenzio sul tema è assordante, a parte il rumore di chi sta portando avanti le proposte di reddito minimo. Dare 500 euro a tutti quelli che sono senza alcuna entrata costerebbe moltissimo. Ma è una questione improrogabile. O presto le storie come quelle di Novara si moltiplicheranno, e non solo a causa di una patologia psichica, ma per cruda necessità.
 Giuro che io non mi sentirei di giudicare una persona disperata che, priva di reddito, senza sapere in alcun modo come sopravvivere, decidesse di seppellire un parente senza denunciarne la morte
 È una provocazione, ovviamente, ma indignazione e moralismo non servono: servono risposte politiche concrete.


martedì 21 gennaio 2014

Sebben che siamo donne...

Quando scoppiò tangentopoli (che non è mai finita) ero fermamente convinta che se al potere ci fossero state le donne, non si sarebbe mai arrivato a quel grado di corruzione:  nella mia mente pensavo che le donne difficilmente si fanno corrompere, non sono propense a scendere a compromessi, forse perché il loro intuito e il loro ruolo di mamme potesse tenerle lontane dai giochi politici sporchi e maneggioni.Ero convinta che l'essere donna riduca la propensione alla corruzione. Del resto questa convinzione è confrontabile col fatto che le donne commettono meno crimini, di ogni tipo, degli uomini. Perchè ciò sia così, non lo so, forse è una questione di testosterone o di come sono state educate le donne, ovvero ad essere più remissive e meno aggressive...
Oggi, a distanza di oltre 20 anni mi devo ricredere e i recenti fatti di ordinaria sporcizia politica mi danno ragione.
Sembra assurdo ma la vita del governo attuale è  terremotata e pericolante  proprio grazie alle gesta di tre ministre: Josefa, Annamaria e Nunzia. Si tratta di donne, purtroppo, fa male, ma tant’è: tre diverse stagioni della politica all’italiana, soprattutto tre diversi modi di intenderla.
Con Josefa, grande canoista e ministra a sorpresa, tutto è stato facile: la poveretta inciampata in una Ici (o Imu) non pagata per una piccola palestra, mostra coraggio e stile levando subito il disturbo, da brava e seria tedesca…
In carica alla Giustizia c’è Annamaria, simpatica donnona con accento adenoideo, dallo sguardo materno e rassicurante, sembra la ministra giusta al posto giusto… per favorire la scarcerazione della figlia di un suo vecchio amico di famiglia, molto  conosciuto negli ambienti dei palazzinari e più e più volte rinviato a giudizio per malaffari fiscali, mazzette e quant’altro  e datore di lavoro di suo figlio.
Il peso dei protagonisti è notevole –altro che Josefa!- ma il PdC difende a spada tratta la sua ministra e rinvia, dio sa a quanto, la sostituzione di una ministra in difficoltà scivolata, poerella, su una raffica di intercettazioni… ma non si è dimessa:
Ed eccoci arrivati a oggi ad una protagonista apparentemente minore, ma che rischia di essere la più insidiosa per l’attuale governo. Quella di Nunzia è solo una storia di paese, parenti,combriccole, mafarelle nate e consolidate all’ombra dei campanili beneventani. E’ una storia fatta di bar gestito all’interno di un ospedale da un suo zio, di mozzarelle di un amico, la Asl, di appalti…
Attualmente non è indagata, ma vittima di intercettazioni abusive, i cui tabulati sono cmq in mano a chi di dovere, mentre ha lasciato il partito d’origine, il Pdl, per militare in un partitello appena nato da una costola del Pdl ; è pure moglie di un importante deputato del Pd, con il quale condivide anche qualche relazione di potere: insomma, proprio un matrimonio delle larghe intese! Che, però è il simbolo della crisi del governo delle larghe intese… ma non si dimette!
Anche se alle ministre non sono stati rimproverati fatti di rilevanza penale, la storia fa pensare ad un degrado etico e morale della consapevolezza che il “così fan tutti” stia dilagando anche fra le donne, specie se è una ministra tradizionalmente identificata come “onorevole”, dovendo le sue funzioni essere adempiute con onore.
Forse la auspicata “profonda riforma morale” dovrebbe cercare altre vie di espressione, rispetto a quella rappresentata dalle quote rosa: una persona si sceglie per il suo valore e non per il genere sessuale cui appartiene.


venerdì 17 gennaio 2014

Cara Amica ti scrivo...

Carissima Pina,
oggi è il tuo compleanno, e io voglio scriverti una lettera.
51 anni fa ci siamo conosciute, all’inizio della scuola media. Eravamo due piccole bimbine, tu un po’ timida e timorosa, io più spavalda e presuntuosa… e cmq con un carattere forte entrambe, che è venuto fuori nel prosieguo degli anni, quando la vita ci ha messo di fronte ai problemi seri.
Subito siamo diventate amiche, forse perché avevamo bisogno l’una dell’altra…
Gli anni sono passati, e ci si è ritrovate alle superiori insieme, stesso banco, tre anni di passato in comune, un po’ più grandi, ma sempre sotto sotto bambine. Come dimenticare le prime sigarette fumate col batticuore nel bagno della scuola? e le risate a crepapelle per i difetti di questo o quel prof/ssa un po’ buffo/a? e le infinite gaffes curiose, bizzarre,delle nostre compagne?
Tutti i giorni insieme, tutti i giorni vicine. Le prime cotte poco serie, e poi con esse
la prima storia seria.. e tutte le domande e le confidenze, sussurrate con la testa vicina, mormorate all’orecchio, confidenze, domande, dubbi scambiati, ranicchiate vicino al termosifone, o nel bagno.. i racconti delle prime esperienze, i dubbi su cosa fare, i dubbi più assurdi perché già di per sé sono cose emozionanti, ma quando hai 16 anni lo sono ancora di più.. i consigli, le confidenze senza alcuna remora né vergogna, le chiacchiere scambiate in quei momenti.. tutto questo ci porta alla confidenza che ancora adesso abbiamo, al capire le cose anche con un semplice sms, all’intenderci subito, al capirci al volo su qualunque cosa.. anche se non ci vediamo per un mese o più.
Gli anni delle superiori insieme … e da lì, le strade che si dividono… è la vita, capita. Tu andasti a vivere altrove e per vent’anni i nostri rapporti sono stati sporadici, anche perché avevamo una famiglia, bimbi a cui pensare, lavoro… insomma, per tanto tempo non ci siamo più sentite.
Ma nel mio cuore sentivo che comunque il pensiero c’era sempre e che la nostra amicizia non era finita. E così è stato: quando sei rientrata nella nostra città natale, subito mi hai cercata  e ci siamo riviste, appesantite, forse, da un fardello di esperienze diverse vissute che ci hanno reso donne.
E anche oggi, sessantenni, nonne ed entrambe con pesanti problemi, ogni volta in cui ci vediamo, gli anni si cancellano in un batter d’occhio. I mesi lontani non vogliono dire più nulla. Ognuna ha avuto i suoi giri, la sua vita. Ma appena siamo insieme, appena ci abbracciamo, appena ci sorridiamo, siamo di nuovo le due bimbe di 51 anni fa, nel cuore, ma con tutto il passato di conoscenza comune.
Grazie per l’amicizia che mi dai.
Buon compleanno, ti voglio bene :*)


domenica 12 gennaio 2014

Emozioni

Oggi ho ascoltato per la prima volta questa meravigliosa canzone/poesia di Roberto Vecchioni e mi è venuta voglia di pubblicarne il testo.

Ho conosciuto il dolore
(di persona, s’intende)

e lui mi ha conosciuto:
siamo amici da sempre,
io non l’ho mai perduto;
lui tanto meno,
che anzi si sente come finito
se, per un giorno solo,
non mi vede o mi sente.
Ho conosciuto il dolore
e mi è sembrato ridicolo,
quando gli dò di gomito,
quando gli dico in faccia:
”Ma a chi vuoi far paura?”
Ho conosciuto il dolore:
era il figlio malato,
la ragazza perduta all’orizzonte,
il sogno svanito,
la miseria dopo l’avventura;
era il brigante all’angolo
che mi chiedeva la vita;
era il presuntuoso tumore che mi porto dentro
da una cellula impazzita;
era Dio, che non c’era
e giurava, ah se giurava, di esserci;
la sconfitta patita,
l’indifferenza del mondo alla fame,
alla povertà, alla fatica;
l’ho conosciuto
e l’ho preso a colpi di canzoni e parole
da farlo tremare,
da farlo impallidire,
da farlo tornare all’angolo,
pieno di botte,
che nemmeno il suo secondo
sapeva più come farlo di nuovo salire sul ring,
continuare a boxare.
E, un giorno, l’ho fermato in un bar,
che neanche lo conosceva la gente;
l’ho fermato per dirgli:
“Con me non puoi niente!”
Ho conosciuto il dolore
ed ho avuto pietà di lui,
della sua solitudine,
di questo cavolo di suo mestiere;
l’ho guardato negli occhi,
che sono voragini e strappi
di sogni infranti:
“Ti vuoi fermare un momento?”, gli ho chiesto,
”Ti vuoi sedere?
Vieni con me,
andiamo insieme a bere.
Hai fatto di tutto
per disarmarmi la vita
e non sai, non puoi sapere
che mi passi come un’ombra sottile sfiorente,
appena-appena toccante,
e non hai vie d’uscita
perché, nel cuore appreso,
in questo attendere
anche in un solo attimo,
l’emozione di amici che partono,
figli che nascono,
sogni che corrono nel mio presente,
io sono vivo
e tu, mio dolore,
non conti un cazzo di niente”


venerdì 10 gennaio 2014

Storia dalla Terra dei fuochi

Ho immaginato cosa potrebbe mai scrivere una ragazza che vive in quell'inferno che chiamano "Terra dei fuochi" in Campania, ma tante altre terre dei fuochi si stanno scoprendo un pò ovunque, anche qui da noi...

"Vivo in via del cancro 33, Terra dei fuochi, Campania-Italia Ho un tumore, come il mio vicino e come il suo vicino. Dicono che si dice "mal comune mezzo gaudio", ma quando qualcuno muore con questa malattia, poi, alla fine, nessuno ride. E qui nel condominio tutti hanno perso qualcuno... e nel condominio accanto. 
Qualcuno dice che siamo solo sfigati, che la sfortuna spesso si accanisce, che forse qualcuno ci ha fatto il malocchio. Forse, invece, avremmo bisogno solo di una bonifica.
Eppure di tumori ce ne sono tanti, così a volte ci dividiamo in gruppi e cerchiamo di organizzare una sola macchina per andare a fare la chemio. Un modo come un altro per risparmiare. Eppure mia nonna lo diceva sempre che il risparmio non è mai guadagno. Anche lei è morta, a 92 anni, vecchia ma in salute. Non abitava con noi ed eravamo sempre noi che andavamo a trovare lei.
Per vent'anni arrivavano coi camion carichi di rifiuti tossici e li interravano, anche i camion, nelle terre vicine alle nostre case...allora doveva esserci un motivo per il quale questa casa non costava tanto! Ci abbiamo vissuto felici finché non si è ammalato il primo di noi, ma era solo il primo e nessuno avrebbe pensato che fosse colpa della casa. Poi un secondo... poi io. Avevamo pensato di venderla, ma nel frattempo anche i vicini si erano ammalati e i vicini dei vicini e qui nessuno vuole venirci a vivere e poi come potremmo vendere una casa malata a gente sana? Poi i prezzi sono crollati. Ci teniamo la casa e rinunciamo al futuro. E proviamo a non fare figli, perché qui i bimbi si ammalano di leucemia.
Somigliamo un pò al triangolo delle bermuda, ma siamo ad un incrocio, però anche qui le persone spariscono e non tornano più. 
Ora i nostri nomi sono stati scritti su un registro, così come il nome delle nostre malattie. Ci hanno schedati, ma è l'unico modo per non essere dimenticati. Anche se l'ASL non vuole ricordarci. Anche se la Regione non vuole ricordarci. Anche se l'Italia non vuole ricordarci. 
In futuro credo che morirò perché adesso vivo  vicino ad una discarica che non doveva essere pericolosa…Io, speriamo che me la cavo


mercoledì 8 gennaio 2014

Il piacere di scrivere il libro che c'è in me

C’è un piacere forse nascosto nel dedicarmi al blogging, un piacere che non s’è rivelato subito: dopo anni di blogging ho capito soltanto adesso qual è il momento di maggior soddisfazione, nel blogging...non è scrivere … è qualcosa però di strettamente legato alla scrittura, anzi, secondo me, è scrittura anche quella: la scoperta delle idee:)
Ecco, è proprio questo che mi piace di più quando mi dedico al mio blog. La scrittura in sé è solo un atto meccanico, in realtà, forse non c’è creazione durante quella fase.
Creo quando trovo le idee per scrivere, ma i post sono già dentro la mia mente, come se avessi un libro in me. Perché? Perché il blog è la mia materia e la mia passione e chi, meglio di me, può sapere che cosa scrivere? Devo solo trovare un’idea, ma quell’ idea è in realtà un post già scritto.
Non creo senza scrivere. Non trovo idee senza scrivere. Ultimamente ho eliminato dalla cartella tantissimi posts che mi erano venuti in mente nei mesi passati … quando li ho creati li ritenevo validi, ora non più, perché continuamente trovo altre idee, altri spunti, perché la mente corre,  senza frenesia,  con sempre maggiore energia creativa.
Non mi piace poi programmare le pubblicazioni dei post – come fanno tanti blogger -, mi piace improvvisare, aspettare un’idea, uno spunto che può arrivare da qualsiasi cosa io veda o senta … senza avere l’ansia di dover scrivere per forza o addirittura giornalmente … posto quando l’idea che ho ritengo sia degna di essere postata, altrimenti non c’è più creatività …
Perché il bello di scrivere nel blog è proprio la ricerca delle idee:):):)