giovedì 1 luglio 2010

La scuola bocciata


"Aumentano le bocciature, con una 'pioggia di 5 in condotta,circa 10 mila alle superiori'. Sono i dati resi noti dal ministero dell'Istruzione. Inoltre 'i non ammessi alla maturità passano dal 4,8% al 5,7%'..." questi titoli e titoloni dei quotidiani degli ultimi giorni, dove si "grida",quasi con giubilo, a dei risultati che io trovo deprimenti e indice di un malessere che serpeggia nella scuola da ormai tanti anni.Tra i prof, qualcuno tira un sospiro di sollievo: “finalmente le classi saranno più gestibili”. Altri pensano, viceversa, ai ragazzi perduti, in fuga dalla scuola. Alcuni plaudono alla ritrovata serietà della scuola italiana. Mah! Un fatto è certo: la decisione mediatica di usare il termometro ha rivelato che la febbre del sistema scolastico italiano è alta. Non che non si sapesse già per mille sintomi e per mille ricerche, nazionali e internazionali. Del resto, quasi un milione di testimoni – gli insegnanti – era in grado, in questi ultimi decenni, di testimoniare l’aggravarsi quotidiano della malattia: «i nostri giovani leggono meno, studiano meno, sanno meno».
Non che fosse ignoto alle autorità preposte: innumerevoli progetti di riforma risalgono già agli anni ’60. La tensione tra scuola di qualità e scuola di massa ha incominciato ufficialmente ad accendersi già dal 1963. Dunque, si sapeva. Tuttavia, ben venga il termometro, se questo squarcia alibi e silenzi colpevoli. Per anni si è deciso, quando segnava febbre, di spezzarlo, come se il rompere il termometro fosse una terapia. Le ragioni erano le più disparate: occorre mandare avanti tutti, a prescindere; bisogna garantire le cattedre... Il fatto è, tuttavia, che neppure la misurazione pubblica è una terapia. Il passaggio dal buonismo alla severità invia un messaggio ideologico all’opinione pubblica, alle famiglie, ai ragazzi: ora facciamo sul serio!...vi bocciamo! Ma di qui alla “scuola del merito” occorre percorrere ventimila leghe. Chi deve fare sul serio e che cosa? Se la macchina produce tanti “scarti”, forse la colpa non è solo della materia prima - entra già avariata nel processo educativo?!... - probabilmente è il processo di "lavorazione" che va revisionato, prima e molto di più del progetto. Se qualcuno pensasse, che ora, bocciati un po’ di ragazzi, gli altri finalmente possono incominciare a studiare, beh, sarebbe un pensiero poco serio. La domanda è questa: perché dalla IV/V elementare fin dentro i tre anni di scuola media la curva dei rendimenti si abbassa sempre di più?
Ma l’altro problema da non nascondere sotto il tappeto è il destino dei bocciati. Una parte di loro abbandona subito la scuola e va ad ingrossare l’esercito del “vulgo disperso, che nome non ha” dei 200 mila ragazzi, che ogni anno sono espulsi dal sistema educativo e che stanno sospesi nel limbo che si estende tra il sistema educativo e il mercato del lavoro. Dei bocciati che rimangono a scuola, solo il 2/3% avrà un beneficio reale dalla ripetenza. Gli altri andranno a rendere più difficile la gestione delle classi in cui si ritroveranno l’anno prossimo. E alla fine dell’anno di ripetenza il problema si ripresenterà. E questa volta saranno respinti. E finiranno tra i dispersi. Ma la domanda radicale che insorge è la seguente: la scuola ha come funzione fondamentale quella di promuovere/bocciare o quella di far crescere ciascuno verso la propria meta e di certificare rigorosamente a che punto è arrivato il ragazzo, rispetto a parametri pubblici e condivisi? Ha senso continuare a mantenere il legame biunivoco e deterministico tra classe di età e programmi scanditi annualmente? Così che se l’età non si allinea alla scansione dei programmi, uno deve essere buttato indietro? Molte domande! Finora la risposta del sistema educativo e della politica lo telecomanda (o ne è telecomandata?) è quello di un automa, che ripete gesti e risposte standardizzate secolari ormai senza senso. A tutti gli entusiasti della severità=bocciatura facile, l’appuntamento a tra un anno: se è una vittoria della severità e del merito, è forte il sospetto che si tratti di una momentanea e mediatica vittoria di Pirro.