domenica 26 ottobre 2008

Omaggio a papà


Ciao, papà...quanto tempo, vero?...ne é passato molto, quasi 15 anni...e sono qui a scriverti. Cosa?...non lo so, ci provo a raccontarti qualcosa di questi quindici anni, anche se, ne sono convinta, sai già tutto...
Allora comincio col parlarti della tua Sardegna: sono andata in occasione dei miei 25 anni di matrimonio e ci sono tornata in seguito, perchè la Sardegna è come l'Africa: se vai una volta, devi necessariamente tornarci!!!
Era un forte desiderio che sentivo, quasi una necessità, come andare alla ricerca delle mie radici...e ho trovato risposta a tutte le domande che mi ero sempre posta ed ho visto te, la tua figura di padre, in modo diverso...ho capito tante cose...i tuoi silenzi, il tuo modo di "dare amore", scevro da sentimentalismi e smancerie che, come avviene per altri figli, portano solo insicurezze e disagi. Ho visitato la casa dove sei nato, il fontanino sulla strada dove bevevi; ho conosciuto zia Stella che ti ha cresciuto come un figlio e desiderava tanto rivederti! Povera zia Stella!..ora non c'è più, ma ricordava tutto di te, mi ha raccontato tante cose della tua infanzia non certo felice, in un paese della Sardegna di quasi 90 anni fa! Oggi, certo, Magomadas è un paese ameno, accogliente, con strade asfaltate e a strapiombo su quel mare apprezzato e invidiato, ma che ai tuoi tempi era vissuto come una barriera, un ostacolo, un nemico che vi divideva dal "continente". Ho quindi capito le ragioni che ti hanno indotto ad andar via: migliorare la tua condizione, assicurarti un futuro, "partecipare" alla vita di quel "continente" che era un richiamo fortissimo. Sicuramente oggi un giovane sardo difficilmente lascerebbe la sua "Jchnusa" (antico nome della Sardegna che significa "impronta di Dio", perchè Dio quando finì di creare il mondo volle lasciare la sua impronta... e la Sardegna ha la forma di una grossa orma di piede) perchè oggi il "continente" non offre più lavoro e opportunità, ma solo chiacchiere inutili. Ecco, le chiacchiere... ho apprezzato i tuoi silenzi, e mi sono resa conto che spesso una parola non detta vale più di tante inutili chiacchiere.Quel tuo carattere chiuso, la tua serietà, scambiata per severità o, peggio, per "cattiveria", ad alcuni faceva proprio paura, perchè, come succede oggi con gli extracomunitari - quando non si conoscono gli usi e i costumi degli altri paesi - la paura induce a demonizzare le persone: quello è un musulmano, oppure quello è un rumeno... così è stato per te: quello è un sardo, viene dalla Barbagia, dove vivono i banditi...Come siamo stati ignoranti e cattivi noi, non tu, che hai cercato di insegnarmi a vivere senza fronzoli e orpelli, con i piedi ben piantati per terra ed hai lasciato una forte "impronta" in me. Vedi, papà, io sono convinta che i genitori debbano lasciare un messaggio forte ai figli, non debole, perchè la debolezza li rende insicuri, inadatti ad affrontare il mondo e, ti garantisco, che per affrontare il mondo d'oggi (peggiorato di molto da quando non ci sei più) ci vogliono gli anfibi, altro che tacchi a spillo e look di D&G! Spero che sarò brava con i miei figli, ma non è facile...già, i miei figli. Se tu ci fossi ancora penso che saresti contento di loro: hanno seguito un percorso "normale" di vita, improntato a regole di serietà e, finora, mi hanno dato soddisfazioni...speriamo bene, ho sempre paura, visti i tempi e tutto ciò che si sente... Tu dagli uno sguardo, ogni tanto, proteggili, perchè noi genitori da soli non ce la facciamo, ci vuole anche l'occhio benevolo di un nonno che ricordano sempre con rispetto e affetto. Ciao, caro papà...TVB


sabato 25 ottobre 2008

Testamento ai miei figli




E lascio nei vostri occhi
il seme della mia speranza
le immagini del mio vissuto
e il mio dolore
ed anche
vi lascio
i miei istanti di fragilità,
i gigli del mio candore
stupefatto,
la mia ansia
e la immensa felicità
che mi dette
il vostro sorriso.
Non piangete
perciò
quando più non sarò
per consolarvi:
vi lascio in eternità
l'amore mio.

22 Settembre...


Sdraiata all'ombra d'un filo d'erba
il pennello del sole
di tramonto mi tinge,
ed ascolto ogni istante passare.

Oggi
mi ha invecchiata di un anno
oggi
non gli serbo rancore.

Non ho gambe flessuose
né ho pelle di seta,
non ho folti capelli d'inchiostro
né ho occhi di giada
da immolare
alla sua cupidigia
e su cui dover piangere dopo.

Io posseggo soltanto una cosa:
l'anima,
e quando esigerà la mia vita
neanche allora il tempo
potrà portarmela via.

domenica 12 ottobre 2008

La magia di Parigi





Mi sono recata a Parigi per festeggiare i 30 anni di mia figlia: è stato il mio regalo per lei, ma, alla fine, è un regalo che ho fatto anche a me stessa, dal momento che era tanto tempo che io e Stefania non passavamo tanto tempo insieme. Ed è stato bellissimo trascorrere quei momenti nell' atmosfera magica di Parigi. Sono stati giorni di grande emozione, in quanto visitare la capitale francese è un'esperienza unica e romantica. L'hotel prenotato era piccolo, ma in una zona davvero meravigliosa: Montmartre, a 100 m. dal Mouline Rouge. Questo quartiere parigino è rinomato perché è il quartiere degli artisti, dei pittori, dei caffè e delle brasserie; e noi ogni mattina abbiamo gustato il caffè (caffè per modo di dire!) nel bar dove è stato girato il film "Il favoloso mondo di Amelie", il cafè des Deux Moulins. Nel quartiere vi sono alcune scalinate con dei suggestivi balconi che uniscono le vie più basse a quelle più alte, in un crescendo di bellezza, che porta fino alla cima della collina, dove la favolosa chiesa del Sacré Coeur (dove, manco a dirlo, sono caduta!!!) domina l'intera città.
Non voglio qui dilungarmi sull'itinerario seguito,
"...ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte"
cioè, come dice il Sommo poeta, voglio qui raccontare delle cose che più mi hanno fatto vivere forti emozioni, lasciandomi dentro qualcosa.
Cominciamo dalla fisicità di Parigi: urbanisticamente imponente, ordinata, pulita, civile...e i parigini?...che popolo educato, rispettoso, civile!... di quella civiltà che qui da noi, da Milano a Canicattì, non solo a Terronia, non è pensabile, perchè non appartiene alla nostra cultura. Non sono quella che "solo perchè è stata a Parigi...": ho girato un pò l'Europa e non mi è sembrato di aver trovato altrove i comportamenti dei parigini, siano essi bianchi o di colore.
Durante la permanenza abbiamo visitato la maggior parte dei monumenti importanti che la caratterizzano: il Museo del Louvre, meraviglioso... ed è stato lì che ho incontrato nuovamente la sindrome di Sthendal: quando mi son trovata dinanzi la Nike di Samotracia: che spettacolo! Superba dea della vittoria (ma io la indicherei come il simbolo della libertà delle donne, ancora di là da venire...): a vederla sprigiona forza, armonia e ha l'incedere deciso di chi va contro i venti contrari.
Anche la Venere di Milo è monumentale, ma non mi ha dato le stesse sensazioni della Nike.
Nei tre musei di arte contemporanea che abbiamo visitato (bellissimo il Centre Pompidou), mi sono completamente "persa" ammirando le opere di Picasso, Modigliani, Mirò, Toulouse-Lautrec, Mondrian, Marcusi: sono autori contemporanei che apprezzo molto, anche se nella "cultura" della nostra famiglia sono stati trascurati, ho curato la loro conscenza, perchè, per me, l'arte è arte, tutta, non può esse settoriale e relegata solo alle produzioni del Rinascimento o del periodo Ellenistico.
Altra forte emozione: visita ai cimiteri di Belville e di Montparnasse, dove ho incontrato Baudelaire, Marcusi, Chopin, Modigliani, Oscar Wilde, Edith Piaf... e tanti, tanti scrittori e artisti di tutte le nazionalità e, ancora una volta mi si è presentata netta la differenza con le nostre tradizioni: in Francia le tombe son tutte per terra, senza lapidi, solo il nome scritto con caratteri semplici, su una lastra di cemento. Niente fiori, niente lampade: solo centesimi nascosti sotto sassolini, che faranno da viatico per Caronte. In Italia anche i cimiteri sono chiassosi, sfarzosi (qui da noi, sono come ville holliwoodiane!). Un mio amico nato in Francia e vissuto lì 14 anni, mi ha detto che se la tomba non si tiene decorosamente (cioè pulita), te la levano pure!
Non potevamo farci mancare un tuffo nella scienza & tecnologia e così, nel quartiere La Villette, abbiamo visitato la "Citè des Scientes & de l'industrie": una vera città tecnologica, dove ci siamo cimentate a "giocare" con le mille diavolerie esposte e c'era anche in esposizione la macchina che ho sempre desiderato possedere: la due cavalli della Dyane, quella con il cambio vicino allo sterzo. Che bella, ed era pure viola!!!
Caldo e affascinante il Quartiere Latino, dove abbiamo comprato libri sulla stessa bancarella dove li comprava Heminguay! che storia...e quanta bella gente, di tutto il mondo, di ogni colore, veramente un brodo di multietnìa!
E la Torre Eiffel? Eccola lì che si erge dall'alto dei suoi 300 metri... non mi piaceva prima e non mi piace ora che l'ho vista da vicino (proprio come la Gioconda)...sarò bacchettona e antiquata, ma le costruzioni in ferro non mi piacciono e poi, per me, la Torre è solo una: quella di Pisa!
Sono tante e poi tante le cose che abbiamo visto che siamo tornate in Italia con gli occhi e il cuore pieni di meraviglia...meraviglia che è subito svanita quando, atterrati a Fiumicino, un'orda di gente strepitava, urlava al cellulare, litigava per i bagagli persi...la solita caciara all'italiana!
Ciao, Parigi, è stata una gioia conoscerti e grazie per avermi fatto vivere con Stefania momenti affettuosi e gioiosi.

mercoledì 9 luglio 2008

La sindrome di Stendhal




E' stato Leonardo a dire che l'artista, in quanto creatore, è quasi Dio.
Io stessa ho avuto questa sensazione quando, in preda alla sindrome di Stendhal, mi ritrovai di fronte i cartoni realizzati da mio Nonno, per gli affreschi della Cattedrale di Campobasso... un fortissimo giramento di testa, il cuore a mille, un vortice di pensieri nel mio stato confusionale, ma un'unica certezza, per me, in quel momento: quelle erano opere di un'artista, non di Dio, ma la cui mano, il cui cuore erano stati guidati da Dio... e chi altri?
E mi tornarono in mente le parole della mia cara nonna quando, di ritorno da Baranello dove il Nonno aveva dipinto un meraviglioso paesaggio, guardò prima la tela, poi con la semplicità che la contraddistingueva e con gli occhi pieni di stupore, gli chiese:"Amedé, ma che ci tieni nelle mani?".
Semplice la mia nonna, musa ispiratrice, spesso modella delle opere, perchè per Nonno rappresentava la Mamma, la Madonna, colei che ama, che accetta, soffre per i figli, senza "disturbare" l'artista , lasciandolo libero di inseguire e raffigurare i suoi angeli, i suoi pensieri sempre ispirati da una profonda ed incrollabile Fede nella pittura... perchè Nonno amava la pittura in quanto tale, perchè lo avvicinava al Cielo, alle stelle... a Dio, quello stesso Dio che amorevolmente gli guidava la mano.
Ciò che ho sempre ammirato in mio Nonno è stata la sua mente, assetata di conoscenze, che fermava la sua attenzione su tutto ciò che gli si poneva davanti. Ricordo una volta che spostai maldestramente una sedia e, immancabilmente, provocò un rumore: "rumore" per un profano, ma non per Lui, che subito individuò in quel rumore la nota musicale "DO". La sua mente non indagava solo attraverso la pittura, ma dilatava il proprio raggio d'azione in ogni campo dello scibile, in tutto ciò che era bello e proprio la ricerca del bello è stata la sua forza: il bello in tutte le sue manifestazioni, naturali e spirituali. La sua era la personalità di un artista la cui pittura, al di sopra del fatto creativo, poneva il suo personale bisogno di analisi ed autoanalisi: si riteneva "presuntuoso" in quanto artista e "gli artisti devono per forza mettere in mostra ciò che realizzano..." e questo cozzava con la sua forte umiltà di uomo, timoroso di Dio e del giudizio degli altri.
Chi si appresta ad ammirare gli affreschi disseminati nelle varie chiese molisane, italiane ed estere, non riesce a coglier le sottigliezze del programma teologico, filosofico... avverte, però l'altissimo messaggio artistico, poetico e spirituale. Perchè in un'opera d'arte, si sa, è impossibile dissociare i contenuti dalla forma in quanto, come già Michelangelo spiegò: "In arte il contenuto è la forma stessa".

E questo concetto mio Nonno lo ha fatto suo: lo ha accordato ai suoi pensieri, ai propri sentimenti.


... continua

sabato 3 maggio 2008

Il grande segreto di tutte le donne



Il gran segreto di tutte le donne rispetto ai bagni è che da bambina tua mamma ti portava in bagno, puliva la tavolozza,ne ricopriva il perimetro con la carta igienica e poi ti spiegava:
"MAI, MAI appoggiarsi sul gabinetto" e poi ti mostrava "la posizione" che consiste nel bilanciarsi sulla tazza facendo come per sedersi ma senza che il corpo venga a contatto con la tavolozza. "La posizione" è una delle prime lezioni di vita di una bambina, importantissima e necessaria, deve accompagnarci per il resto della vita.Ma ancora oggi, da adulte, "la posizione" è terribilmente difficile da mantenere quando hai la vescica che sta per esplodere.Quando "devi andare" in un bagno pubblico, ti ritrovi con una coda di donne che ti fa pensare che dentro ci sia Brad Pitt.Allora ti metti buona ad aspettare, sorridendo amabilmente alle altre che aspettano anche loro con le gambe e le braccia incrociate. È la posizione ufficiale di "me la sto facendo addosso".Finalmente tocca a te, ma arriva sempre la mamma con "la bambina piccola che non può più trattenersi" e ne approfittano per passare avanti tutte e due! A quel punto controlli sotto le porte per vedere se ci sono gambe. Sono tutti occupati. Finalmente se ne apre uno e ti butti addosso alla persona che esce. Entri e ti accorgi che non c'è la chiave (non c'è mai); non importa... Appendi la borsa a un gancio sulla porta, e se non c'è (non c'è mai), ispezioni la zona, il pavimento è pieno di liquidi non ben definiti e non osi poggiarla lì, per cui te la appendi al collo ed è pesantissima, piena com'è di cose che ci hai messo dentro, la maggior parte delle quali non usi ma le tieni perché non si sa mai.Tornando alla porta... dato che non c'è la chiave, devi tenerla con una mano, mentre con l'altra ti abbassi i pantaloni e assumi "la posizione"... AAhhhhhh...finalmente...A questo punto cominciano a tremarti le gambe... perché sei sospesa in aria, con le ginocchia piegate, i pantaloni abbassati che ti bloccano la circolazione, il braccio teso che fa forza contro la porta e una borsa di 5 chili appesa al collo. Vorresti sederti, ma non hai avuto il tempo di pulire la tazza né di coprirla con la carta, dentro di te pensi che non succederebbe nulla ma la voce di tua madre ti risuona in testa "non sederti mai su un gabinetto pubblico!", così rimani nella "posizione", ma per un errore di calcolo un piccolo zampillo ti schizza sulle calze!!! Sei fortunata se non ti bagni le scarpe. Mantenere "la posizione" richiede grande concentrazione. Per allontanare dalla mente questa disgrazia, cerchi il rotolo di carta igienica maaa, cavolo...! non ce n'è...! (mai).Allora preghi il cielo che tra quei 5 chili di cianfrusaglie che hai in borsa ci sia un misero kleenex, ma per cercarlo devi lasciare andare la porta, ci pensi su un attimo, ma non hai scelta. E non appena lasci la porta, qualcuno la spinge e devi frenarla con un movimento brusco, altrimenti tutti ti vedranno semiseduta in aria con i pantaloni abbassati. NO!! Allora urli "O-CCU-PA-TOOO!!!", continuando a spengere la porta con la mano libera, e a quel punto dai per scontato che tutte quelle che aspettano fuori abbiano sentito e adesso puoi lasciare la porta senza paura, nessuno oserà aprirla di nuovo (in questo noi donne ci rispettiamo molto) e ti rimetti a cercare il keenex, vorresti usarne un paio ma sai quanto possono tornare utili in casi come questi e ti accontenti di uno, non si sa mai. In questo preciso momento si spegne la luce automatica, ma in un cubicolo così minuscolo non sarà tanto difficile trovare l'interruttore! Riaccendi la luce con la mano del kleenex, perché l'altra sostiene i pantaloni, conti i secondi che ti restano per uscire di lì, sudando perché hai su il cappotto che non avevi dove appendere e perché in questi posti fa sempre un caldo terribile.
Senza contare il bernoccolo causato dal colpo di porta, il dolore al collo per la borsa, il sudore che ti scorre sulla fronte, lo schizzo sulle calze... il ricordo di tua mamma che sarebbe “vergognatissima” se ti vedesse così; perché il suo culo non ha mai toccato la tavolozza di un bagno pubblico, perché davvero "non sai quante malattie potresti prenderti qui".
Ma la debacle non è finita... sei esausta, quando ti metti in piedi non senti più le gambe, ti rivesti velocemente e soprattutto tiri lo sciacquone!Se non funziona preferiresti non uscire più da quel bagno, che vergogna!Finalmente vai al lavandino. È tutto pieno di acqua e non puoi appoggiare la borsa, te la appendi alla spalla, non capisci come funziona il rubinetto con i sensori automatici e tocchi tutto finché riesci finalmente a lavarti le mani in una posizione da gobbo di Notredame per non far cadere la borsa nel lavandino; l'asciugamani è così scarso che finisci per asciugarti le mani nei pantaloni, perché non vuoi sprecare un altro kleenex per questo!Esci passando accanto a tutte le altre donne che ancora aspettano con le gambe incrociate e in quei momenti non riesci a sorridere spontaneamente, cosciente del fatto che hai passato un'eternità là dentro. Sei fortunata se non esci con un pezzo di carta igienica attaccato alla scarpa o peggio ancora con la cerniera abbassata! A me è capitato una volta, e non sono l'unica a quanto ne so! Esci e vedi il tuo uomo che è già uscito dal bagno da un pezzo e gli è rimasto perfino il tempo di leggere Guerra e Pace mentre ti aspettava. "Perché ci hai messo tanto?" ti chiede irritato."C'era molta coda" ti limiti a rispondere.E questo è il motivo per cui noi donne andiamo in bagno in gruppo, per solidarietà, perché una ti tiene la borsa e il cappotto, l'altra ti tiene la porta e l'altra ti passa il kleenex da sotto la porta; così è molto più semplice e veloce perché tu devi concentrarti solo nel mantenere "la posizione". E la dignità.Questo spaccato di realtà è dedicato alle donne di tutto il mondo che utilizzano i bagni pubblici e a voi uomini, perché capiate come mai ci mettiamo tanto!!

Dedicato alle mie alunne



E crescendo impari…

E crescendo impari che la felicità
non e' quella delle grandi cose.

Non e' quella che si insegue alla tua età, quando,
come gladiatori,
si combatte il mondo per uscirne vittoriosi...

La felicità non e' quella
che affannosamente si insegue
credendo che l'amore sia tutto o niente,...


non e' quella delle emozioni forti che fanno il "botto"
e che esplodono fuori
con tuoni spettacolari...,

la felicità non e' quella di grattacieli da scalare,
di sfide da vincere
mettendosi continuamente alla prova.

Crescendo impari che la felicità
e' fatta di cose piccole ma preziose.......
e impari che il profumo del caffe' al mattino
e' un piccolo rituale di felicità,
che bastano le note di una canzone,
le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore,
che bastano gli aromi di una cucina,
la poesia dei pittori della felicità,
che basta il muso del tuo gatto
o del tuo cane per sentire
una felicità lieve.

E impari che la felicità e' fatta
di emozioni in punta di piedi,
di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore,
che le stelle ti possono commuovere
e il sole far brillare gli occhi,


e impari che un campo di girasoli
sa illuminarti il volto,
che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno,
e che sederti a leggere all'ombra di un albero

rilassa e libera i pensieri.

E impari che l'amore e' fatto
di sensazioni delicate,
di piccole scintille allo stomaco,
di presenze vicine anche se lontane,
e impari che il tempo si dilata e che quei cinque minuti
sono preziosi e lunghi più di tante ore,

e impari che basta chiudere gli occhi,
accendere i sensi, sfornellare in cucina,
leggere una poesia, scrivere su un libro
o guardare una foto per annullare
il tempo e le distanze
ed essere con chi ami.

E impari che sentire una voce al telefono,
ricevere un messaggio inaspettato,
sono piccoli attimi felici.
E impari ad avere,
nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.

E impari che tenere in braccio un bimbo
e' una deliziosa felicità.
E impari che i regali più grandi sono quelli

che parlano delle persone che ami...

E impari che c'e' felicità anche in quella urgenza
di scrivere su un foglio i tuoi pensieri,
che c'e' qualcosa di amaramente felice
anche nella malinconia.

E impari che nonostante le tue difese,
nonostante il tuo volere o il tuo destino,
in ogni gabbiano che vola c'e' nel cuore
un piccolo-grande Jonathan Livingston.

E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.

Auguri per la tua vita!

giovedì 24 aprile 2008

Prima i bambini, le donne, i giovani...


Era questa la frase che si sentiva prima durante un'emergenza, quando bisognava mettersi in salvo da qualche calamità. Oggi non è più così: oggi i bambini, le donne e i giovani non hanno più sicurezza, sono l'anello debole della società e non c'è giorno che passi senza che sia stata perpretata una violenza su un bambino, su una donna, su un giovane. La violenza su questi esseri si manifesta nei modi più raccapriccianti: dall'agonia in fondo ad un pozzo, ai corpi sfigurati e stuprati; dai vicini di casa che sterminano una famiglia per un senso di "fastidio" che avvertivano, alla bimba partorita e gettata tra i rifiuti; dall'automobilista ubriaco che ne ammazza uno al giorno, al serial Killer che ammazza e chiude tutto in un sacco nero...e i tanti episodi di violenza sommersa che non vengono raccontati dai mass-media. Dopo ogni violenza ecco che salgono alla ribalta psicologi, psichiatri, sociologi, opinioniste (leggi Alba Parietti o quell'oca giuliva di Caterina Collovati...ma chi è?) che, a turno, tentano di farci capire i motivi che spingono oggi gli individui a compiere tali atti criminali. La mia esperienza di insegnante mi impone di fare piccole e umili considerazioni, che non vogliono essere in contrapposizione con quanto persone più illuminate di me, vanno "erudendo" sui mass-media.
Credo che alla base di questa violenza ci sia la "cultura della morte" che oggi impera. Essa nasce con l'aborto, che ormai è diventato argomento di conversazione (e di campagna elettorale) per soli uomini; o con l'eutanasia; poi ci sono le guerre, preventive e non, sempre presenti, con le loro storie di umane sofferenze. Il tasso dei suicidi aumenta sempre più, soprattutto tra i giovani; la droga continua a "stordire" e mietere vittime; i mass-media, in nome di Sua Maestà l'audience, ci propinano quintalate di violenze in tutte le salse: Tg, serial, telenovelas, film dell'orrore e thriller che piacciono sempre di più ai giovani...tutto ciò ha fatto nascere quella cultura della morte di cui parlavo prima. La morte non fa più paura, perchè è diventata come una finzione cinematografica, un videogame; entra sistematicamente nelle nostre case, ci suggerisce in quanti modi si può sopprimere una persona, tanto,male che vada poi, con un clic del mouse o della cinepresa...tutti risorgono. Ecco, vorrei dire a quegli psicologi, psichiatri, sociologi di non fare solo bla,bla,bla, ma di trovare i modi per sanare la società, non i giovani,che subiscono ciò che la società offre. E alle oche giulive, che tanto puntano il dito contro i giovani, voglio dire di stare attente: la vita a volte dà certi schiaffi in faccia che ti lasciano senza fiato...perciò, che non giudichino, ma, se proprio devono parlare, che diano solo valutazioni. Alla loro portata, naturalmente.

mercoledì 23 aprile 2008

Io e i libri




La lettura di un buon libro è per me un arricchimento interiore che nessun' altra fonte riesce a darmi. Oggi i libri sono i nostri vecchi... non ce ne rendiamo conto, ma la ricchezza di chi legge rispetto all'analfabeta (o a chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissute moltissime. Ricordiamo, insieme ai nostri giochi d'infanzia, quelli di Pinocchio o Piccole donne; abbiamo spasimato per il nostro amore, ammiccando a quello di Emma Bovary; abbiamo assimilato qualcosa della saggezza di Solone; abbiamo rabbrividito per certe notti di vento a Sant'Elena e ci ripetiamo, insieme alla fiaba che ci ha raccontato la nonna, quella delle Mille e una notte..
Il libro è un'assicurazione sulla vita, una piccola naticipazione di immortalità...all'indietro (ahimè) anzichè in avanti...ma non si può avere tutto e subito.

martedì 22 aprile 2008

Dacci oggi il nostro bullo quotidiano...


Anche oggi la Tv ci ha propinato la dose quotidiana di "bullismi": atti di violenza nelle scuole che si ripetono, oramai, con sempre più frequenza. Sono indignata, perchè per l'opinione pubblica la scuola è un luogo dove nasce e cova la violenza più becera. Mi rifiuto di considerare valide tali opinioni, in quanto vivo e opero nella scuola da anni e mai, dico mai, nelle scuole in cui ho prestato servizio si è verificato un solo caso di bullismo. Ho sempre incontrato meravigliosi alunni: normodotati, disabili, con problemi psicologici gravi, con situazioni familiari ancora più gravi, con famiglie allargate, figli di ragazze madri, di detenuti, adottati, romeni, cinesi...di tutto di più, ma quello che leggo, sento e vedo sui mass-media mi lascia sbalordita e molto triste. Certo, mi dirai, l'ambiente in cui operi forse è più piccolo, i ragazzi non hanno gli stimoli e le paranoie dei ragazzi metropolitani...e forse c'hai pure ragione! ma perchè non scrivono e mandano in onda quello che di buono la scuola fa? che, ti assicuro, è molto di più per quantità e qualità di qualche stupido atto di bullismo che, però fa più "audience" e, siccome tutto ciò che è cronaca nera piace (Bruno Vespa docet...) e fa arricchire gli sciacalli, ecco che ogni giorno sbattono il "mostro scuola" in prima pagina, senza considerare che in quella scuola dove è maturato l'atto di bullismo, ci sono altri ragazzi studiosi, educati, le cosiddette "eccellenze"; ci sono docenti che lavorano e studiano "strategie" non per fare la guerra, ma per evitarla.

Come mai si mettono sempre di più in evidenza questi episodi di violenza? Non è che a qualcuno fa piacere affossare la scuola pubblica a favore di quella privata? E le famiglie non hanno nessuna responsabilità? Ecco, la famiglia è forse una delle cause del malessere che la scuola vive, non l'unica. La famiglia non riconosce più alcuna autorità e competenza ai professori, ma al tempo stesso demanda alla scuola una lunga lista di doveri che invece spetterebbe a lei, della serie: sei uno zero, ma devi risolvermi i problemi che io non sono capace di affrontare a casa mia.

domenica 20 aprile 2008

Solo per "donne fenomenali"


Sempre devi tener presente

che la pelle diventa rugosa,
i capelli diventano bianchi,

i giorni diventano anni…

Ma ciò che è importante non cambia:

la tua forza e la tua convinzione non hanno età.

Il tuo spirito è il filo di una qualsiasi ragnatela.

Dietro ogni filo di arrivo, ce n’è uno di partenza.

Dietro un successo, c’è un insuccesso.

Mentre sei viva, sentiti viva.

Se ti manca ciò che facevi, ritorna a farlo.

Non vivere di foto ingiallite…

Continua anche se tutti si aspettano che tu ti fermi.

Non fare arrugginire il ferro che è in te.

Fa’ che non provino per te pietà, ma rispetto.

Quando a causa degli anni non potrai correre, trotta.

Quando non potrai trottare, cammina.

Quando non potrai camminare, usa il bastone.

Ma non ti fermare mai!!!

Madre Teresa di Calcutta

Buona domenica


Buongiorno a tutti e che sia davvero un buongiorno per tutti. Ecco come si è presentato il luogo in cui vivo stamattina: pulito, nitido,fresco.Ciao, a dopo

sabato 19 aprile 2008

L'adolescente oggi


L'adolescenza è il periodo della vita più difficile da vivere e, per chi come me non è più adolescente (purtroppo...), l'ha imparato bene sulla propria pelle e sul proprio cuore. Ci sentivamo inadeguati, brutti, soli e infelici...nessuno ci capiva, era come se non esistessimo , se i problemi legati a quell'età non dovevano avere ragione di esistere.Insomma, siamo stati proprio male in quegli anni! ed ora, dall'alto della nostra esperienza, dei nostri 40-50 anni...guardiamo i ragazzini di oggi, i nostri figli, i nostri nipoti e aspettiamo, come avviene con l'acne e la barba, che spuntino i primi segnali dell'adolescenza.Ci sentiamo sicuri, esperti e già abbiamo pronta la strategia: fare finta di niente, lasciare che la vita faccia il suo corso, intervenire solo in caso di notevole disagio, perchè è questa l'età in cui si impara a camminare incontro alla vita. Bene, però...l'adolescenza sta scomparendo.Eh,sì, questo ci fanno sapere gli esperti, mettendoci in guardia: il bambino rischia di saltare direttamente in una nuova, sconosciuta e stranissima età giovanile...proprio come il meteo: non esistono più le mezze stagioni! a undici anni si abbandona l'infanzia e si entra in una dimensione che i genitori faticano a gestire. Gli adolescenti del 2008 curano molto il fisico, l'aspetto esteriore, hanno il bancomat, sono malati di shopping e affrontano con disinvoltura e spensieratezza tutte le "prime volte": sesso, fumo e alcol. Una recente indagine dell'Istituto Superiore della Sanità, segnala un fenomeno crescente: il binge drinker, la sbornia del sabato sera di ragazzini sempre più piccoli. Provano a stordirsi con superalcolici e vanno a letto tardi, mentre i genitori o sono anch'essi in giro per locali, o dormono. Questo è lo scenario attuale e l'unico consiglio è quello di attrezzarsi per affrontare i turbamenti di un'età sconosciuta.

La mia farfalla


salve

Ciao a tutti, sono Viola. Chi sono? un'insegnante che ama molto il suo lavoro e che ha tanta voglia di scrivere per raccontare tutto ciò che le passa per la mente. Speriamo che il mio blog sia gradito a qualcuno. Ciao