domenica 23 ottobre 2011

Cuore di mamma!

Ogni anno, a settembre, quando si riprendono le attività scolastiche, mi ritrovo di fronte a ragazzi (o bambini?) di prima media, diversi da quelli entrati il settembre precedente e che ora frequentano la seconda media. Sono circa dieci anni che osservo questo fenomeno da quando, cioè, la società è cambiata grazie all’avvento di Internet in quasi tutte le case, alla spettacolarizzazione di fatti lieti e tristi in Tv, alla febbre del sabato sera dei genitori, alla fissa per la palestra, per il ballo, per il ritocchino plastico, per le vacanze ad ogni costo, per il SUV che più grande non si può…
Arrivano alla scuola media con i loro zaini pieni non solo di libri, ma già carichi di tanti problemi familiari che trascinano sulle loro spalle come fardelli pesanti, a soli 11 anni! Ognuno di loro ha un problema: tristi o drammatiche separazioni, economici, adozioni, genitori assenti che te li scaricano a scuola, quasi a voler dire “pensateci voi, noi non ci riusciamo”… insomma, quando non hanno nessun problema, ma tutte le condizioni favorevoli per stare sereni, hanno comunque … un tic!
Li osservo mentre lavorano e penso ai loro genitori, la maggior parte dei quali sono già venuti a scuola per farci inquadrare bene il “problema” del figlio/a.
I colloqui vengono affrontati dai genitori, in maggioranza mamme, con stati d’animo diversissimi che oscillano dall’eccesso di riverenza, soprattutto da parte dei padri, all’astio represso, dalla denigrazione del figlio/a all’orgoglio dinastico.
E in tanti anni di insegnamento, ormai prossima al pensionamento, mi sono divertita a stilare una classifica delle mamme, ognuna con le sue caratteristiche molto, ma molto particolari, che ti fanno subito capire perché il figlio/a è tanto problematico.
Mamma chioccia ha due occupazioni fisse: stare in pensiero e raccomandarsi. In genere è casalinga e vive asserragliata fra le pareti domestiche, confortata dalla rassicurante presenza del suo pulcino/a che vezzeggia con nomignoli affettuosi: certo, non è ancora ultimato/a, ma ci penserà lei, con due o tre aggiustatine, a renderlo/a perfetto/a.
Quando lo/a accompagna la mattina mamma chioccia  porta lo zaino, aspetta che salgano tutti, per non farlo/a confondere con “la massa vociante e violenta”, poi salgono la prima rampa di scale, staccano le mani, consegna lo zaino e lo/a bacia…
Nessuno deve interferire in questo suo lavoro di rifiniture: non delega alla scuola niente, pensa a tutto lei, al modo di educarlo e… guai ai prof se si permettono di evidenziare qualche mancanza nelle consegne scolastiche o qualche comportamento scorretto. “ … non lo conoscete, non lo avete capito…solo io che sono la mamma lo conosco e lo capisco, perché io l’ho imboccato fin da quando è nato e l’ho visto crescere giorno per giorno…” Per il  pulcino/a non è facile difendersi da mamma chioccia: lasciato a se stesso/a, corre il pericolo di finire…in brodo!
Mamma pavona ha altre e maggiori ambizioni: nel pavoncino/a vorrebbe brillare di “piuma riflessa”. Dal suo pavoncino/a mamma pavona si aspetta moltissimo, perché fin dalla nascita il/la ram-pollo/a ha dato dimostrazioni di un talento smisurato. E così il/la pavoncino/a deve fare di tutto di più e mamma pavona si affanna in un andirivieni frenetico tra scuola di danza, palestra, calcetto, piscina, musica, conservatorio e ripetizioni … eh già, perché il pavoncino/a deve eccellere in tutto e allora, se a scuola c’è qualche carenza, è bene mandarlo/a un po’ a lezioni private, giusto per un “aiutino”, così potrà prendere 10 agli esami … Poi arriva il momento delle prime verifiche: è lì che mamma pavona si scatena in un vivace confronto con le altre madri “impresarie” della vita dei loro figli! 
 E questi poveri “pavoncini/e sono mostri patentati: con l'ansia da prestazione che gli soffiano adooso le mamme pavone, danno l’anima per essere i/le primi/e comunque e fischiano come proiettili, sparati a zero contro la vita.
Mamma tacchina è assillante: incombe sul tacchinello/a/a e lo “tacchineggia” con bigliettini, sms, telefonate e agguati verbali. Non è mai sicura, è incerta se ostentare il tacchinello/a o proteggerlo/a. Da un lato vorrebbe vederlo/a in trionfo, dall’altro ha paura che si faccia male e il piccolo/a tacchi nello/a cresce insicuro/a e non sa che fare: sbattersi per diventare “pavoncello/a”, o poltrire da bravo “cocco/a di mamma”?... ma mamma tacchina subito lo consola: quando un tacchinello/a è eccezionale come te, non ha bisogno di dimostrarlo… induce così il tacchinello/a a nutrire convinzioni senza fondamento: ha il pallino della matematica … scrive bene, diventerà giornalista … è bravissimo, preciso e ordinato nel disegno tecnico … come mai non ha preso 10 in Informatica se a casa fa i programmi per il pcc che poi rivende?...è  un vero programmatore … e gli /le trasmette così tutte le sue frustrazioni, quelle sì! ben fondate!!!
Se il tacchinello/a cerca di portare avanti una sua scelta, mamma tacchina interviene perché è sicura che la scelta è sbagliata e con questa difesa lo/la paralizza nelle decisioni: questa mamma tacchina, per me, è la più pericolosa fra le mamme.
La mamma indescribile incarna la sintesi delle mamme appena descritte, ne riassume le paturnie e le paranoie: pavona nelle manie di grandezza, chioccia nell’atteggiamento protettivo e tacchina nell’ansia scombinata di impartire precetti , anch’essi scombinati.
Per il pulcino/a-pavoncello/a-tacchinello/a è difficile uscire vivo da un tipo di madre del genere: è pericolosa per l’equilibrio psichico della nidiata.
La mamma volpe si presenta contrita: ha imparato che il modo migliore per rendere simpatico il proprio figlio è giudicarlo brutalmente e senza nessuna indulgenza: ne mette in evidenza i difetti, addirittura mi autorizza ad alzare le mani se non si comporta bene, mi stringe la mano con affettuosa comprensione e se ne va tranquilla, sapendo di aver scatenato il mio istinto materno. E così passo il tempo del colloquio a illustrare i lati oscuri buoni di suo figlio/a, a pregarla di essere paziente ed equilibrata nelle punizioni e se qualche volta non fa i compiti è lo stesso e se ha un atteggiamento scorretto con compagni e prof è probabilmente per carenza affettiva … e mentre sono io a giustificare il figlio/a, mi resta il dubbio che il figlio/a sia giù in cortile ad aspettarla e che, allegri e contenti, come la volpe e il gatto, se ne vanno sottobraccio a mangiare un buon gelato.
Altri tipi di mamme
Mamma struzzo: non sa, non viene, non chiede, ha paura di conoscere lo sruzzotto/a
Supermamma: è uno spot pubblicitario: bisogna “produrre” e, perciò, si destreggia al timone, al volante, al biberon, al computer, salvo poi “scaricarti” un prodotto iperattivo/a, nevrotico/a e aggressivo/a.
Mamma ingenua: nulla sa e nulla sospetta, si fida  solo di suo figlio/a
Mamma gnorri: sa, ma fa finta di non sapere
Mamma intrepida: sa, viene e chiede apertamente
Mamma investigatrice: sospetta, ma vuole scoprirlo da sola
Mamma impietrita: ha voluto sapere!
Ecco, queste sono le mamme che popolano l’universo scolastico: naturalmente tutto ciò che ho scritto vale pure per me che sicuramente incarno tutti questi tipi di mamme…chissà! Ma è pur vero che
Non tutte le mamme vengono per nuocere




venerdì 21 ottobre 2011

Ritorno ad Auschwitz

Stamattina a scuola i ragazzi erano particolarmente eccitati e sopra le righe e, con tono concitato, si esaltavano nel commentare la morte di Gheddafi. In particolare si soffermavano a parlare delle immagini, del volto insanguinato, del pestaggio del cadavere, sulle risate e le grida di scherno dei ribelli…
Poveri ragazzi… a quanta violenza mediatica hanno dovuto assistere in questa settimana: la guerriglia di Roma che tra estintori, madonne frantumate, defender incendiati, hanno messo in scena “la peggio gioventù”; l’immancabile caso Avetrana, con lo zio Michele che ancora una volta racconta come ha ucciso Sarah … e tanti altri casi cruenti che ormai allietano le ore pomeridiane di questi poveri ragazzi, in barba alle leggi del Garante.
Non potevo non intervenire nella loro esaltata conversazione e così ho detto loro cosa ne penso.
I criminali come Gheddafi e Osama (a proposito, dov’è il corpo di quest’ultimo, perché non è stato mostrato come trofeo di vittoria? ma è veramente morto???!!!) e, nel passato Mussolini e Ceausescu, vanno processati per i loro crimini, tutti hanno diritto ad un processo, a difendersi, anche un pazzo criminale!
Anche su questo si basa la democrazia. Ma questa parola, oramai squalificata, viene usata solamente per giustificare nuove guerre: esportano la democrazia a colpi di mitra!
Quando trovarono Saddam Hussein, nascosto sottoterra come un topo, fu incarcerato, processato e poi ghigliottinato, perché in Iraq vige la pena di morte.
Sarò strana, ma io non mi associo ai festeggiamenti che ribelli, politici o persone comuni hanno voluto manifestare ognuno a modo suo, qualcuno ostentando anche un frasario latino che poco “c’azzecca” con il tragico evento. Io sono sempre per la dignità dell’uomo, fino alla morte.
Certo, non si può non capire la rabbia di un popolo che ha vissuto sottomesso e oppresso per un quarantennio. Che il mondo, però, commenti le immagini di Sirte come fossero la naturale e inevitabile conclusione di un regime a me non sembra normale. Quel corpo martoriato, calpestato come un pupazzo tra grida e telefonini, il balletto col sangue, le fotografie vendute al migliore offerente, l’idea stessa della condanna eseguita da chi per caso si trova a farlo è il contrario del percorso faticoso che da Auschwitz in poi abbiamo fatto, tutti insieme. La violenza efferata sullo sconfitto spesso assomiglia alla vendetta, ma alla base della convivenza non deve esserci la vendetta, bensì la giustizia. Gheddafi è morto, felice per i ribelli che si sentono liberati. Ma io, sarò fatta strana, i criminali li voglio vedere alla sbarra. E dunque, non ci penso proprio a festeggiare.
Perciò, Egregio Signor Garante, faccia rispettare le leggi che devono tutelare i minori, faccia mandare in onda quelle immagini non nelle fasce protette se non vogliamo che si ripetano, tra un po’ di anni, gli orrori di Auschwitz...
Restiamo umani!




domenica 16 ottobre 2011

Spot elettorale di Mafalda

Le Lacrime degli Angeli

Oggi è la giornata mondiale dell’alimentazione, da vent’anni  celebrata in tutto il mondo allo scopo di aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica sul problema della fame nel mondo.
Ma in vent’anni i risultati sono stati  meno che niente.
Io vi invito a leggere queste poesie tratte dal libro “Le lacrime degli angeli” scritto da Blessing Sunday Osuchukwu. Buona lettura!
CURRICULUM VITAE
Dati personali:
Nome e Cognome: Bambino Africano
Data di nascita:       Dodici anni fa
Luogo di nascita :   Villaggio Africano
Residenza:               Campo profughi

Titoli di studio:
  • Secondo anno di scuola elementare
  • Laurea onoraria nel riconoscere i suoni delle bombe
  • Laurea onoraria nel riconoscere le potenze delle mine e dei fucili diversi
Esperienze lavorative:
  • A 6 anni: operaio in una ditta che produce mattoni
  • A 7 anni: responsabile settori “minori” in un cantiere edile
  • A 8 anni: sottufficiale in un campo di addestramento
  • A 9 anni: guerriero feroce e affidabile
  • Da 10 anni in poi: mercenario professionista
Hobby:
  • Ricercare acqua potabile dappertutto
  • Ricercare cibi nei bidoni dell’immondizia
  • Disinnescare le bombe e resistere alla fame
PS: per le referenze si prega di contattare l’UNICEF

                                                                                              In Fede
                                                                                          Bambino Africano

MA CHE COLPA HO?
Che colpa ho se il giorno della nostra partenza dal cielo
siamo stati mandati in posti diversi sulla Terra.
Che colpa ho se il mio si chiama Africa?

Che colpa ho se il giorno del mio arrivo sono stato ricevuto
da un allevatore di bestiame anziché da un ginecologo.
Che colpa ho se la mia sala parto si chiama campo profughi?

Che colpa ho se i primi suoni che ho sentito nella vita
erano quelli di bombe, mitra e fucili.
Che colpa ho se la prima parola che ho imparato
è stata “nemico”?

Che colpa ho se per dissetarmi devo fare dei buchi nella terra
per cercare qualche goccia d’acqua.
Che colpa ho se per sfamarmi devo aspettare il giorno fortunato
in cui qualche pannocchia e fagioli vengono lanciati da un aereo amico?

Che colpa ho se i miei giocattoli sono proiettili,
bombe a mano e mine inesplose.
Che colpa ho se l’unica giostra che conosco
si chiama “bunker”?
 
             Che colpa ho se i miei amici inseparabili si chiamano
             dissenteria, malaria e colera.
             Gli amici che fanno di tutto per non lasciarmi solo
             neanche per un giorno.
            Che colpa ne ho se la parola vaccino per me esiste
            solo nelle favole?
 
            Che colpa ho se mi hanno convinto che per vivere
            qualcuno (il nemico) deve morire da qualche altra parte.
            Che colpa ho se nonostante la mancanza di cibo e acqua
            sono “cresciuto” molto in fretta ugualmente,
           diventando un adulto solo a quattro anni?
           Che colpa ho se io sono un bambino africano!!!???

NATO SENZA LA CAMICIA
A otto anni sono finalmente contento perché non ho più niente, oltre la mia vita, da regalare al mondo crudele.
A sette anni ho dovuto dare la seconda gamba dopo aver camminato su una mina.
A sei anni ho dato mia nonna, che mi voleva tanto bene, quando la bomba è caduta sul mercato del quartiere.
A cinque anni ho potuto dare il mio migliore amico e la sua famiglia quando sono stati colpiti dall’epidemia del momento.
A quattro anni i ribelli mi hanno tagliato le braccia, quel giorno hanno anche rispedito mio padre al suo creatore.
A tre anni mi hanno amputato la prima gamba a causa di un’infezione nel campo profughi.
A due anni ho dovuto dare la mia mamma che stava per darmi una sorellina.
A un anno mi hanno reso zoppo per un’iniezione con ago non sterilizzato.
A zero anni sono nato, sono uscito come un verme, senza neanche una camicia addosso!!!

L’ORFANOTROFIO
Vi prego di non chiedermi come mi chiamo
non chiedetemi il giorno della mia nascita
e non mi chiedete il segno zodiacale.

Vi prego di non chiedermi cosa mi piace mangiare
non chiedetemi le cose che mi piace fare
e non mi chiedete se ci sono delle cose che mi danno fastidio.

Vi prego di non guardarmi negli occhi,
se sono azzurri o verdi
non guardate le mie gambe e le mie braccia
se sarò alto o basso
e non guardate il mio gruppo sanguigno
se è compatibile con il vostro.

Vi prego di non chiedermi se voglio una madre
non chiedetemi se voglio un padre
e non mi chiedete se voglio essere un vostro figlio

Vi prego di non chiedermi se mi piace
la mia nuova famiglia
non chiedetemi se mi piace la mia nuova casa
ma se volete proprio chiedermi qualcosa …
perché non provate a chiedermi se ho scelto di nascere?

sabato 8 ottobre 2011

Siate affamati. Siate folli!


Dopo aver letto il discorso di Steve Jobs che allego, mi sono chiesta: questo genio adottato, dislessico e un po’ autistico, “strambalato” e “strano”, come qualcuno lo ha definito, se fosse nato in Italia, che fine avrebbe fatto?...avrebbe avuto le stesse opportunità?... io non credo … e Voi?

PS: ho messo in grassetto i punti più salienti

da “Il Corriere della sera” venerdì, 7 ottobre 2011
Il DISCORSO DI STANFORD
Siate affamati, siate folli
Le scelte, l'amore, la morte: la filosofia di Jobs spiegata ai giovani. «Non abbiate paura di seguire il cuore»

Il DISCORSO DI STANFORD

Siate affamati, siate folli

Le scelte, l'amore, la morte: la filosofia di Jobs spiegata ai giovani. «Non abbiate paura di seguire il cuore»

Sono onorato di essere qui con voi oggi, nel giorno della vostra laurea presso una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. A dir la verità, questa è l’occasione in cui mi sono di più avvicinato ad un conferimento di titolo accademico. Oggi voglio raccontarvi tre episodi della mia vita. Tutto qui, nulla di speciale. Solo tre storie.

UNIRE I PUNTINI - La prima storia parla di «unire i puntini». Ho abbandonato gli studi al Reed College dopo sei mesi, ma vi sono rimasto come imbucato per altri diciotto mesi, prima di lasciarlo definitivamente. Allora perché ho smesso?
Tutto è cominciato prima che io nascessi. La mia madre biologica era laureanda ma ragazza-madre, decise perciò di darmi in adozione. Desiderava ardentemente che io fossi adottato da laureati, così tutto fu approntato affinché ciò avvenisse alla mia nascita da parte di un avvocato e di sua moglie. All’ultimo minuto, appena nato, questi ultimi decisero che avrebbero preferito una femminuccia. Così quelli che poi sarebbero diventati i miei «veri» genitori, che allora si trovavano in una lista d’attesa per l’adozione, furono chiamati nel bel mezzo della notte e venne chiesto loro: «Abbiamo un bimbo, un maschietto, ‘non previsto’; volete adottarlo?». Risposero: «Certamente». La mia madre biologica venne a sapere successivamente che mia mamma non aveva mai ottenuto la laurea e che mio padre non si era mai diplomato: per questo si rifiutò di firmare i documenti definitivi per l’adozione. Tornò sulla sua decisione solo qualche mese dopo, quando i miei genitori adottivi le promisero che un giorno sarei andato all’università.
Infine, diciassette anni dopo ci andai. Ingenuamente scelsi un’università che era costosa quanto Stanford, così tutti i risparmi dei miei genitori sarebbero stati spesi per la mia istruzione accademica. Dopo sei mesi, non riuscivo a comprenderne il valore: non avevo idea di cosa avrei fatto nella mia vita e non avevo idea di come l’università mi avrebbe aiutato a scoprirlo. Inoltre, come ho detto, stavo spendendo i soldi che i miei genitori avevano risparmiato per tutta la vita, così decisi di abbandonare, avendo fiducia che tutto sarebbe andato bene lo stesso. Ok, ero piuttosto terrorizzato all’epoca, ma guardandomi indietro credo sia stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Nell’istante in cui abbandonai potei smettere di assistere alle lezioni obbligatorie e cominciai a seguire quelle che mi sembravano interessanti.
Non era tutto così romantico al tempo. Non avevo una stanza nel dormitorio, perciò dormivo sul pavimento delle camere dei miei amici; portavo indietro i vuoti delle bottiglie di coca-cola per raccogliere quei cinque cent di deposito che mi avrebbero permesso di comprarmi da mangiare; ogni domenica camminavo per sette miglia attraverso la città per avere l’unico pasto decente nella settimana presso il tempio Hare Krishna. Ma mi piaceva.
Gran parte delle cose che trovai sulla mia strada per caso o grazie all’intuizione in quel periodo si sono rivelate inestimabili più avanti.
Lasciate che vi faccia un esempio: il Reed College a quel tempo offriva probabilmente i migliori corsi di calligrafia del paese. Nel campus ogni poster, ogni etichetta su ogni cassetto, erano scritti in splendida calligrafia. Siccome avevo abbandonato i miei studi «ufficiali» e pertanto non dovevo seguire le classi da piano studi, decisi di seguire un corso di calligrafia per imparare come riprodurre quanto di bello visto là attorno. Ho imparato cosa sono i caratteri serif e sans serif, come variare la spaziatura tra differenti combinazioni di lettere, e che cosa rende la migliore capacità tipografica così grande. Era bellissimo, antico e così artisticamente delicato che la scienza non avrebbe potuto «catturarlo», e trovavo ciò affascinante.
Nulla di tutto questo sembrava avere speranza di applicazione pratica nella mia vita, ma dieci anni dopo, quando stavamo progettando il primo computer Macintosh, mi tornò utile. Progettammo così il Mac: era il primo computer con una bella capacità tipografica. Se non avessi abbandonato gli studi, il Mac non avrebbe avuto multipli caratteri e font spazialmente proporzionate. E se Windows non avesse copiato il Mac, nessun personal computer ora le avrebbe. Se non avessi abbandonato, se non fossi incappato in quel corso di calligrafia, i computer oggi non avrebbero quella splendida capacità tipografica che ora possiedono. Certamente non era possibile all’epoca «unire i puntini» e avere un quadro di cosa sarebbe successo, ma tutto diventò molto chiaro guardandosi alle spalle dieci anni dopo.
Vi ripeto, non potete sperare di unire i puntini guardando avanti, potete farlo solo guardandovi alle spalle: dovete quindi avere fiducia che, nel futuro, i puntini che ora vi paiono senza senso possano in qualche modo unirsi nel futuro. Dovete credere in qualcosa: il vostro ombelico, il vostro karma, la vostra vita, il vostro destino, chiamatelo come volete… questo approccio non mi ha mai lasciato a terra, e ha fatto la differenza nella mia vita.

AMORE E PERDITA - La mia seconda storia parla di amore e di perdita. Fui molto fortunato – ho trovato cosa mi piaceva fare nella vita piuttosto in fretta. Io e Woz fondammo la Apple nel garage dei miei genitori quando avevo appena vent’anni. Abbiamo lavorato duro, e in dieci anni Apple è cresciuta da noi due soli in un garage sino ad una compagnia da due miliardi di dollari con oltre quattromila dipendenti. Avevamo appena fatto uscire la nostra migliore creazione – il Macintosh – un anno prima, e avevo appena compiuto trent’anni… quando venni licenziato. Come può una persona essere licenziata da una società che ha fondato? Beh, quando Apple si sviluppò assumemmo una persona – che pensavamo fosse di grande talento – per dirigere la compagnia con me, e per il primo anno le cose andarono bene. In seguito però le nostre visioni sul futuro cominciarono a divergere finché non ci scontrammo. Quando successe, il nostro Consiglio di Amministrazione si schierò con lui. Così a trent’anni ero a spasso. E in maniera plateale. Ciò che era stato il centro della mia intera vita adulta non c’era più, e tutto questo fu devastante.
Non avevo la benché minima idea di cosa avrei fatto, per qualche mese. Sentivo di aver tradito la precedente generazione di imprenditori, che avevo lasciato cadere il testimone che mi era stato passato. Mi incontrai con David Packard e Bob Noyce e provai a scusarmi per aver mandato all’aria tutto così malamente: era stato un vero fallimento pubblico, e arrivai addirittura a pensare di andarmene dalla Silicon Valley. Ma qualcosa cominciò a farsi strada dentro me: amavo ancora quello che avevo fatto, e ciò che era successo alla Apple non aveva cambiato affatto questo stato di cose.
Ero stato rifiutato, ma ero ancora innamorato. Così decisi di ricominciare.
Non potevo accorgermene allora, ma venne fuori che essere licenziato dalla Apple era la cosa migliore che mi sarebbe potuta capitare.
La pesantezza del successo fu sostituita dalla soavità di essere di nuovo un iniziatore, mi rese libero di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita.
Nei cinque anni successivi fondai una Società chiamata NeXT, un’altra chiamata Pixar, e mi innamorai di una splendida ragazza che sarebbe diventata mia moglie. La Pixar produsse il primo film di animazione interamente creato al computer, Toy Story, ed è ora lo studio di animazione di maggior successo nel mondo. In una mirabile successione di avvenimenti, Apple comprò NeXT, ritornai in Apple e la tecnologia che sviluppammo alla NeXT è nel cuore dell’attuale rinascita di Apple. E io e Laurene abbiamo una splendida famiglia insieme.
Sono abbastanza sicuro che niente di tutto questo mi sarebbe accaduto se non fossi stato licenziato dalla Apple. Fu una medicina con un saporaccio, ma presumo che «il paziente» ne avesse bisogno. Ogni tanto la vita vi colpisce sulla testa con un mattone. Non perdete la fiducia, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha aiutato ad andare avanti sia stato l’amore per ciò che facevo. Dovete trovare le vostre passioni, e questo è vero tanto per il/la vostro/a fidanzato/a che per il vostro lavoro. Il vostro lavoro occuperà una parte rilevante delle vostre vite, e l’unico modo per esserne davvero soddisfatti sarà fare un gran bel lavoro. E l’unico modo di fare un gran bel lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare, non fermatevi, come capita per le faccende di cuore, saprete di averlo trovato non appena ce l’avrete davanti. E, come le grandi storie d’amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni. Quindi continuate a cercare finché non lo trovate. Non accontentatevi.

MORTE - La mia terza storia parla della morte. Quando avevo diciassette anni, ho letto una citazione che recitava: «Se vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, uno di questi c’avrai azzeccato». Mi fece una grande impressione, e da quel momento, per i successivi trentatré anni, mi sono guardato allo specchio ogni giorno e mi sono chiesto: «Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?». E ogni volta che la risposta era «No» per troppi giorni consecutivi, sapevo di dover cambiare qualcosa.
Ricordare che sarei morto presto è stato lo strumento più utile che abbia mai trovato per aiutarmi nel fare le scelte importanti nella vita.
Perché quasi tutto – tutte le aspettative esteriori, l’orgoglio, la paura e l’imbarazzo per il fallimento – sono cose che scivolano via di fronte alla morte, lasciando solamente ciò che è davvero importante.
Ricordarvi che state per morire è il miglior modo per evitare la trappola rappresentata dalla convinzione che abbiate qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione perché non seguiate il vostro cuore.
Un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro
. Effettuai una tac alle sette e trenta del mattino, e mostrava chiaramente un tumore nel mio pancreas. Fino ad allora non sapevo nemmeno cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che con ogni probabilità era un tipo di cancro incurabile, e avevo un’aspettativa di vita non superiore ai tre-sei mesi. Il mio dottore mi consigliò di tornare a casa «a sistemare i miei affari», che è un modo per i medici di dirti di prepararti a morire. Significa che devi cercare di dire ai tuoi figli tutto quello che avresti potuto nei successivi dieci anni in pochi mesi. Significa che devi fare in modo che tutto sia a posto, così da rendere la cosa più semplice per la tua famiglia. Significa che devi pronunciare i tuoi «addio».
Ho vissuto con quella spada di Damocle per tutto il giorno. In seguito quella sera ho fatto una biopsia, dove mi infilarono una sonda nella gola, attraverso il mio stomaco fin dentro l’intestino, inserirono una sonda nel pancreas e prelevarono alcune cellule del tumore. Ero in anestesia totale, ma mia moglie, che era lì, mi disse che quando videro le cellule al microscopio, i dottori cominciarono a gridare perché venne fuori che si trattava una forma molto rara di cancro curabile attraverso la chirurgia. Così mi sono operato e ora sto bene. Questa è stata la volta in cui mi sono trovato più vicino alla morte, e spero lo sia per molti decenni ancora.
Essendoci passato, posso dirvi ora qualcosa con maggiore certezza rispetto a quando la morte per me era solo un puro concetto intellettuale: nessuno vuole morire. Anche le persone che desiderano andare in paradiso non vogliono morire per andarci. E nonostante tutto la morte rappresenta l’unica destinazione che noi tutti condividiamo, nessuno è mai sfuggito ad essa. Questo perché è come dovrebbe essere: la Morte è la migliore invenzione della Vita. E’ l’agente di cambio della Vita: fa piazza pulita del vecchio per aprire la strada al nuovo. Ora come ora «il nuovo» siete voi, ma un giorno non troppo lontano da oggi, gradualmente diventerete «il vecchio» e sarete messi da parte. Mi dispiace essere così drammatico, ma è pressappoco la verità.
Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun’altro. Non rimanete intrappolati nei dogmi, che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui zittisca la vostra voce interiore. E, ancora più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione: loro vi guideranno in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorrete diventare. Tutto il resto è secondario.
Quando ero giovane, c’era una pubblicazione splendida che si chiamava The whole Earth catalog, che è stata una delle bibbie della mia generazione. Fu creata da Steward Brand, non molto distante da qui, a Menlo Park, e costui apportò ad essa il suo senso poetico della vita. Era la fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer, ed era fatto tutto con le macchine da scrivere, le forbici e le macchine fotografiche polaroid: era una specie di Google formato volume, trentacinque anni prima che Google venisse fuori. Era idealista, e pieno di concetti chiari e nozioni speciali.
Steward e il suo team pubblicarono diversi numeri di The whole Earth catalog, e quando concluse il suo tempo, fecero uscire il numero finale. Era la metà degli anni Settanta e io avevo pressappoco la vostra età. Nella quarta di copertina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna nel primo mattino, del tipo che potete trovare facendo autostop se siete dei tipi così avventurosi. Sotto, le seguenti parole: «Siate affamati. Siate folli».
Era il loro addio, e ho sperato sempre questo per me. Ora, nel giorno della vostra laurea, pronti nel cominciare una nuova avventura, auguro questo a voi. Siate affamati. Siate folli.

GRAZIE, STEVE!





Il DISCORSO DI STANFORD

Siate affamati, siate folli

Le scelte, l'amore, la morte: la filosofia di Jobs spiegata ai giovani. «Non abbiate paura di seguire il cuore»

giovedì 6 ottobre 2011

I dissesti dei palinsesti...

Viviamo ormai in una fiction: Omar e Erika, Amanda e Raffaele, Parolisi , lo zio Michele... sono gli attori alle prese con storie molto intrigate e ricche di suspence. Gli ingredienti dei film gialli, del resto, ci sono tutti : le location in  luoghi sobri e provinciali , storie di sesso, di droga, di sangue, di gelosie familiari e segreti di caserma,  degne dei migliori romanzi noir, i giovani protagonisti, uniti e separati da un tragico destino, la spavalderia infingarda  militare e la semplicità contadina delle scarpe grosse e cervello fino… oramai ci siamo abituati: i palinsesti televisivi sono  un’overdose di casi giudiziari, risolti o meno, nei quali gli autori e i conduttori riescono ad entrare in ogni minimo dettaglio, e a scavare nei meandri  più reconditi delle vite dei personaggi pur di anticipare i risvolti del processo, quello vero, che invece meriterebbe ben altra discrezione e compostezza. Ma noi italiani siamo fatti così : amiamo origliare, spiare, leggere le intercettazioni telefoniche più pruriginose, e dibattere  sui chi ha ucciso chi, sui come e sui perché degli omicidi più complicati. E’ stato lui!... no lei!... anzi tutti e due!...no, c’è un complice!... è una vergogna!... dovrebbero sbatterli in galera e buttare la chiave!
Scrivo questo post dopo aver visto varie interviste alla fidanzata di Omar, che ormai passa da un canale all’altro, si fa intervistare come se partecipasse al Grande Fratello e non alla ricostruzione almeno indiretta di uno dei fatti di sangue più  tragici degli ultimi decenni; parole che sono accecanti come la luce di quest’estate che non vuol morire,  fanno cadere altri veli di quella tragedia insopportabile e mostrano ancora di più i protagonisti, la loro storia, la loro vita che va avanti, quando sembrava che tutto fosse annegato in quel lago di sangue scoperto 11 anni fa a Novi Ligure … e poi sepolto come la vita dei due ragazzini-bambini-fidanzatini-assassini.
Sembra un paradosso, uno scherzo, purtroppo non lo e'! La fidanzata di Omar, per fortuna non più  fidanzatina, vuole un figlio e lo dichiara in televisione, l'avvocato di Omar dice che il ragazzo ha fatto bene ad andare in televisione perché` vuole essere un ragazzo "normale". Omar vuole una vita normale, Omar chiede perdono, EriKa conduce una vita normale, vuole bene alla madre, sente la mancanza del fratello..e poi Amanda e Raffaele, il bon ton di Amanda e il sito facebook di Raffaele. La zia di Raffaele, la rettitudine di Raffaele, Amanda e Raffaele vogliono tornare a condurre una vita normale e poi nuovamente Amanda e il sesso, Tra un po´vedremo il normalissimo zio Michele con la corda che simula nuovamente l'omicidio di Sarah…
Psicologi, attrici, presentatori,nani e ballerine citano la banalità del male, danno consigli per vivere al meglio con un ex enfante terrible, mentre la fidanzata insiste più e più volte nel dire che “chiunque a 16 anni ha commesso degli errori”…eh, già, peccato che quell’errore di gioventù è costata la vita non solo a una mamma e a un fratellino, ma ha segnato la vita per sempre di Erika e Omar! che, secondo me, farebbero bene a non spettacolarizzare il loro dramma, a vivere con compostezza, serietà, decoro e dignità quella redenzione che hanno conquistato in carcere, nella speranza di rifarsi una vita, per darsi una nuova chance, ma lontani dai riflettori che potrebbero ritorcersi come pericolosi boomerang …
Questo modo mediocre, volgare e osceno di fare informazione, io credo davvero che sia  pericolosissimo: è  quel nulla che ci invade entrando "normalmente" nelle nostre case e che ha la capacità di annullare il pensiero e con esso, ahimé, la nostra capacita´di giudizio...

immagine: Barbara Reale: L'albero della vita di San Francesco.





martedì 4 ottobre 2011

San Francesco

Oggi è San Francesco, il mio santo preferito, primo perché è il nome che portava il mio papà, secondo perché ritengo che tra i vari martiri, beati, santi che popolano il nostro calendario (e ogni anno ne beatificano a profusione), sia l’unico ancora capace di trasmettere quel messaggio di povertà, umiltà, modestia, che in questi tempi  di crisi economica e di valori -  dove la fanno da padroni la disoccupazione, lo spread, le borse in picchiata, arrivare a fine mese, la mafia, la criminalità, la violenza per le strade, le mancate riforme strutturali, la Marcegaglia incazzata, la crisi dei valori, il degrado morale, il bunga bunga, l'evasione fiscale, la mancata emissione degli scontrini, l'ignoranza dei nostri rappresentanti, Standard & Poor's che taglia il rating (e se hai capito, mò traducilo!), la secessione, il tunnel gelmini-neutrini mai costruito e le autostrade non ancora terminate, la mancata credibilità di questo governo, la Fiat che ogni due per tre cerca di chiudere uno stabilimento, l'aumento dell'iva, il prezzo alle stelle della benzina,  una tremenda inondazione, le intercettazioni... - tutti dovremmo cominciare a  frequentare e praticare. A cominciare da me,naturalmente.
L’altro giorno in TV ho assistito ad un dibattito sulla povertà nel mondo: erano presenti in studio quelle donnette mogli di calciatori ormai in bassa fortuna, qualche attricetta-showgirl da rottamare, la solita ex presidente della camera prodigio e un noto rappresentante politico della Padania (che non esiste, né geograficamente, né storicamente, né culturalmente). Bene, proprio quest’ultimo ha sentenziato così:” la diffusione della povertà nel mondo è opera di San Francesco, il quale avrebbe fatto bene a non girare il mondo per predicarla, bensì avrebbe dovuto comportarsi come il ricchissimo padre, mercante di stoffe, che aiutava i poveri con le elemosine… lui, Francesco, predicando la povertà, ha contribuito a far nascere i poveri ed anche l’attuale crisi parte da lì, da quelle predicazioni, che tanti adepti hanno coinvolto … fulminati sulla via della povertà…
Che dire? Mi si è accapponata la pelle, l’ho intesa come una bestemmia, una blasfemia, non lo so, mi sono sentita male, ma è possibile, forse, che non ho capito niente di come funzionano le cose nel mondo? Ma perché questo signore padano se la riprende con san Francesco, addirittura addebitandogli il problema della povertà di tutto l’universo mondo, fino a intravvedere in lui l’apripista della situazione attuale internazionale?
Io mi sto convincendo che il mondo sta impazzendo,  in particolare questi signori che ci governano i quali, per non ammettere la loro ignoranza e inettitudine, si scagliano pure contro i santi!
Ora, io personalmente, sono una contraria a quella sorta di solidarietà collettiva per i paesi poveri cui spesso ci invitano i mass media, la chiesa, questo o quel pippobaudo di turno, perché penso che così facendo queste popolazioni non usciranno mai dal tunnel, questa volta non di neutrini, ma da quello della dipendenza dai paesi ricchi: bisogna renderli autonomi, istruirli, mandiamo tecnici per rendere fertili i loro terreni (siamo bravissimi, però, a sparare cannonate di neve artificiale per far sciare i ricchi), quei denari impieghiamoli per farli diventare autosufficienti, non facciamo elemosine, sono persone, diamogli la dignità di esseri umani, stoppiamo il neocolonialismo, smettiamola di sfruttare le loro risorse, evitiamo guerre preventive per il petrolio, non lucriamo nel farli vivere in modo indegno … affinchè diventino sempre più poveri e noi sempre più ricchi … ecco, in questo, sono sempre io a pensarlo, la responsabilità è di chi governa il mondo, quei Soloni che ogni tanto si riuniscono in quei tavoli di lavoro, g7-g8-g15, che non servono a niente, se non a confermare che noi siamo i più ricchi e chi non sta a quei tavoli è escluso dal mondo. E la chiesa in questo gioca un  ruolo importante e non sempre trasparente…
Altro che san Francesco, caro ministro padano dei miei stivali!
Ma già, dimenticavo …  il vostro dio è il Po e il vostro santo protettore è sant’Umberto! Auguri!!!
A te, caro san Francesco, chiedo di perdonare costoro che non sanno cosa dicono ma, soprattutto, quel che fanno… pensaci tu: hai ammansito un lupo, cerca ammansire anche costoro che vogliono sbranare l’Italia, per saziare le loro lorde fauci di potere, soldi, guerre e via bunga bugando.
Auguri, caro San Francesco.










domenica 2 ottobre 2011

Chi vuol intendere, intenda!

Dedico la filastrocca a chi... vuole intendere, intenda!.

E’ curioso degli insegnanti il mondo:
sia nella piccola che grande scuola
certo mancar non può chi fa la spola
le superbe idee dispensando in tondo,

e agli altri spetta portar la carriola.
Se assistere volete al finimondo,
partecipate al nostro girotondo,
dove gli eletti urlano a squarciagola,

esagitati in cerca d’attenzione;
bisognosi di riconoscimenti,
si pongono in vista ad ogni occasione.

Dell’altrui opera sempre malcontenti,
anche se celano l’opposizione,
mirano pezzenti agli emolumenti.
Di varia umanità è ricca la classe
docente, che all’insegnamento attende,
il sapere pescando con le nasse
della scienza, e ai contrasti non s’arrende.

Forma alla vita le giovani masse
con l’amore che il cuore caldo accende,
del vizio dipanando le matasse,
mentre la suprema virtù risplende.

Ma se guardi bene noti un difetto:
all’altro ognun superiore si crede
e se stesso considera perfetto,

anche se -che guaio!- lo fa in buona fede;
sempre pronto a premere il grilletto,
quando del collega il successo vede.
La seduta non serve a programmare,
ma a dare libero alle pene sfogo,
i nascosti desideri svelare,
gli invisi colleghi mandare al rogo.

Finalmente alle ortiche si può buttare
la maschera austera del pedagogo
ed il vero nostro essere mostrare,
le vesti assumendo del demagogo


Della perdita di tempo assai esperti
e delle vuote chiacchiere alcuni docenti
si rivelano. Alla critica aperti,

dotti psicanalisti degli intenti
altrui, meschini stilano i referti
e del marcio proprio sono indulgenti.
Da ridere mi viene quando io sento
la professionalità millantare
a ogni occasione con alato accento
e so quale sia il fine del cantare:

se stessi illudere con tal concento
d’essere preparati ad insegnare
a tutti mostrando il proprio talento
dalle sindacali spinti fanfare.
Avete mai udito un professionista
celebrare se stesso e il suo operato?
Egli non si dà arie da trionfalista,
perché al posto suo parla il risultato.

Invece qualche docente è specialista
nel lanciarsi al superfluo infervorato,
trascurando di svolgere, egoista,
il lavoro per cui viene pagato.
Sempre pronto a piangersi addosso
e a riporre fiducia nel sindacato,
invece di lottare a più non posso
per ottenere quanto meritato.

Dai politici il nostro ceto scosso,
dalla pecoraggine rovinato,
condotto è stato sull’orlo del fosso
con il benestare del sindacato.

Meglio sarebbe bandire i proclami
e riconoscere quello che siamo:
lavoratori con stipendi grami,
per vocazione il lavoro svolgiamo;
vano risulta avanzare reclami,
da parassiti –insiste Brunetta - noi viviamo,
grazie soprattutto a cotanti docenti!