domenica 2 ottobre 2011

Chi vuol intendere, intenda!

Dedico la filastrocca a chi... vuole intendere, intenda!.

E’ curioso degli insegnanti il mondo:
sia nella piccola che grande scuola
certo mancar non può chi fa la spola
le superbe idee dispensando in tondo,

e agli altri spetta portar la carriola.
Se assistere volete al finimondo,
partecipate al nostro girotondo,
dove gli eletti urlano a squarciagola,

esagitati in cerca d’attenzione;
bisognosi di riconoscimenti,
si pongono in vista ad ogni occasione.

Dell’altrui opera sempre malcontenti,
anche se celano l’opposizione,
mirano pezzenti agli emolumenti.
Di varia umanità è ricca la classe
docente, che all’insegnamento attende,
il sapere pescando con le nasse
della scienza, e ai contrasti non s’arrende.

Forma alla vita le giovani masse
con l’amore che il cuore caldo accende,
del vizio dipanando le matasse,
mentre la suprema virtù risplende.

Ma se guardi bene noti un difetto:
all’altro ognun superiore si crede
e se stesso considera perfetto,

anche se -che guaio!- lo fa in buona fede;
sempre pronto a premere il grilletto,
quando del collega il successo vede.
La seduta non serve a programmare,
ma a dare libero alle pene sfogo,
i nascosti desideri svelare,
gli invisi colleghi mandare al rogo.

Finalmente alle ortiche si può buttare
la maschera austera del pedagogo
ed il vero nostro essere mostrare,
le vesti assumendo del demagogo


Della perdita di tempo assai esperti
e delle vuote chiacchiere alcuni docenti
si rivelano. Alla critica aperti,

dotti psicanalisti degli intenti
altrui, meschini stilano i referti
e del marcio proprio sono indulgenti.
Da ridere mi viene quando io sento
la professionalità millantare
a ogni occasione con alato accento
e so quale sia il fine del cantare:

se stessi illudere con tal concento
d’essere preparati ad insegnare
a tutti mostrando il proprio talento
dalle sindacali spinti fanfare.
Avete mai udito un professionista
celebrare se stesso e il suo operato?
Egli non si dà arie da trionfalista,
perché al posto suo parla il risultato.

Invece qualche docente è specialista
nel lanciarsi al superfluo infervorato,
trascurando di svolgere, egoista,
il lavoro per cui viene pagato.
Sempre pronto a piangersi addosso
e a riporre fiducia nel sindacato,
invece di lottare a più non posso
per ottenere quanto meritato.

Dai politici il nostro ceto scosso,
dalla pecoraggine rovinato,
condotto è stato sull’orlo del fosso
con il benestare del sindacato.

Meglio sarebbe bandire i proclami
e riconoscere quello che siamo:
lavoratori con stipendi grami,
per vocazione il lavoro svolgiamo;
vano risulta avanzare reclami,
da parassiti –insiste Brunetta - noi viviamo,
grazie soprattutto a cotanti docenti!

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