lunedì 31 maggio 2010

Il sorriso di Valentina

Il sorriso è certamente una delle cose più semplici e spontanee, che una persona è portato a fare nella sua giornata e nella sua vita.
Alla voce “sorriso” sul dizionario, troviamo: espressione del volto umano.
Tuttavia è sicuramente semplicistico e banale riassumere in quattro parole, quello che un unico gesto può voler significare, proprio perché appare come un evento talmente semplice, ma anche meraviglioso e straordinario.
Ora, non è detto che basti sorridere per stare bene, ma di sicuro è sufficiente per stare meglio, e per far star meglio!
Si dice che il sorriso sia l’espressione dell’animo: lo emana la persona gioiosa e serena, che ama il mondo con le sue magnificenze…
Il sorriso di Valentina è di una persona gioiosa e serena, che ama le magnificenze del mondo, di cui non può goderne, però, prigioniera com’è sulla sua sedia a rotelle…
Valentina è una persona a cui mi sono affezionata fin da tre anni fa quando entrai in classe e mi accolse con un sorriso e un grido di gioia, l’unico suono in grado di emettere…(Valentina non parla, no cammina, non scrive...ma è intelligentissima): mi colpirono i suoi occhi grandi, il modo in cui si era dimenata sulla carrozzina per accogliermi, per darmi il benvenuto, per presentarsi. Mi avvicinai a lei e le diedi la mano, dicendole-ciao, piccola, e tu chi sei?-.Mi rispose dicendo, a modo suo, che era Valentina, ma non mi lasciava la mano…anzi, mi tirava, con le sue esili forze, verso il suo viso, mentre con le labbra tentava di baciarmi. Avvicinai il mio viso al suo e la baciai, stringendola forte forte e da allora…da allora Valentina è diventata per me …un sorriso, il momento più bello della giornata quando, se non ho lezione da lei, ci incontriamo nei corridoi e lei si sbraccia , mi chiama, mi manda baci, mi sorride.
Valentina quest’anno andrà via: in questi tre anni trascorsi è cresciuta, è diventata consapevole del suo problema, a volte è triste, malinconica, ma quando sorride e il suo viso si illumina, capisco che ha dentro una carica, una voglia di vivere che riesce a trasmettere anche a chi, come me, spesso si lamenta per i piccoli e grandi affanni della vita.
Non sarà facile, per me, l’anno prossimo, non incontrare più il suo sorriso, le sue braccine protese, le sue risate quando rimprovero i compagni, la sua gioia quando metto su un video e canto e ballo per lei.
E non sarà facile dimenticare il suo sorriso, entrato nel mio cuore con forza e dolcezza insieme.
Ciao, piccola. TVB

sabato 22 maggio 2010

Dite


Dite:
é faticoso frequentare bambini.
Avete ragione.
Poi aggiungete:
bisogna mettersi al loro livello:
abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
E' piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi
fino all'altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli.
J.Korczack

Solo per “Donne Fenomenali”


Sempre devi tener presente che la pelle diventa rugosa,

i capelli diventano bianchi,

i giorni diventano anni…

Ma ciò che è importante non cambia:

la tua forza e la tua convinzione non hanno età.

Il tuo spirito è il filo di una qualsiasi ragnatela.

Dietro ogni filo di arrivo, ce n’è uno di partenza.

Dietro un successo, c’è un insuccesso.

Se ti manca ciò che facevi, ritorna a farlo.

Non vivere di foto ingiallite…

Continua anche se tutti si aspettano che tu ti fermi.

Non fare arrugginire il ferro che è in te.

Fa’ che non provino per te pietà, ma rispetto.

Quando a causa degli anni non potrai correre, trotta.

Quando non potrai trottare, cammina.

Quando non potrai camminare, usa il bastone.

Ma non ti fermare mai!!!
Madre Teresa di Calcutta

domenica 16 maggio 2010

Bello di mamma!...


...e' questa l'espressione che mi esce spontanea quando leggo o sento di quella terribile tragedia, la più triste e straziante, secondo me, della madre che uccide il suo bambino/a...
..e, purtroppo, ogni giorno succede, ormai a ritmo incalzante: è’ un dato reale, accertato, che nell’ultimo decennio l'aumento degli infanticidi sono cresciuti del 43% rispetto al decennio precedente...dati incredibili, ma perché succede? Lombroso affermava, in generale, che se "un individuo fino a quel momento sano un giorno uccide significa che quell'uomo è mentalmente degenerato". Circa l'infanticidio, il "corollario" lombrosiano era che una donna che uccide il figlio non è più madre, è un lusus naturae, uno scherzo maligno della natura.
Noi dunque siamo da questa eredità lombrosiana condizionati per cui, quando una madre uccide, si pensa che certamente debba avere "qualcosa di storto" , che la sua mente l'abbia tradita.
Ma sarà poi sempre vero?
No,non credo, non sempre. Ci sono, certo, gli infanticidi da depressione post partum, ma assistiamo oggi al crescere inquietante di un altro, diverso tipo di infanticidi: quelli di donne sane di mente, che uccidono davanti alle difficoltà poste dall'accudire il bambino. Dunque, lucidamente, per ottenere dei vantaggi, per eliminare quell'ostacolo che il figlio rappresenta. Ricordo, tra i tanti casi (forse perché lì non ci fu "rimozione") il caso di una giovane donna, qualche anno fa, che soppresse il suo bambino di pochi mesi e con la complicità della madre ne occultò il corpo. Da quando era nato, spiegò poi, litigava con il marito, non si poteva più uscire la sera, né andare in vacanza come prima. Era stato un omicidio a freddo, come altri raccontati dalle cronache, che definirei infanticidi dell'ignoranza e della stupidità.
Io credo che non ci sia più istinto materno: la donna, oggi, si è troppo mascolinizzata (che pensare delle giovani donne in "missione di pace" che sono operazioni di guerra vere e proprie...come fa una donna preposta a dare la vita ad essere armata, ad uccidere,se la necessità lo richiedesse, cioè togliere la vita?)e, sempre secondo me, vive come un complesso di inferiorità la maternità, la nascita e le cure da dare ad un bambino. E' come se si sentisse privata della sua libertà, anche perché si sposa o decide di avere un figlio più tardi, dopo anni di vita vissuta in singletudine o con un compagno e, comunque abituata ad una routine che la nascita di un figlio interrompe bruscamente. Voglio dire: esistono oggi condizioni familiari e sociali che favoriscono l'esplosione della tragedia. Molte giovani coppie entrano in crisi proprio con la nascita di un figlio, e arrivano anche fino alla separazione. Lui si lamenta di non essere più al centro dell'attenzione, lei soffre nel sentirsi imbruttita e appesantita. Entrambi non possono più uscire come prima, o prendere il primo volo scontato per una vacanza last minute. È chiaro che un bambino cambia fortemente il legame di coppia, ed è un cambiamento molto bello. Ma se quel bambino non è nato prima anche nei pensieri, non è stato atteso e immaginato, e i suoi genitori sono abituati a vivere solo nel presente...ecco, invece, quel loro figlio è il futuro, per la prima volta, ma un futuro faticoso e ingombrante.
Ciò che sta accadendo è che la biologia, ciò che finora abbiamo chiamato "legge di natura", sembra come sopraffatta da una cultura dominante. Eminenti studiosi sostengono come l'attaccamento simbiotico fra la madre e il bambino nei primi tre anni di vita sia qualcosa di viscerale, per cui la madre avverte il figlio come parte di se stessa; qualcosa di legato al codice genetico in funzione della sopravvivenza della specie, per cui una donna "deve" accudire e proteggere il figlio piccolo, allo stesso modo in cui mamma gatta bada e difende i suoi gattini.
Ma, ecco, fra i gatti questo comportamento è immodificabile. Mentre un aumento del 43% degli infanticidi in 10 anni - in molti casi compiuti lucidamente - mi fa pensare a una cultura che con i suoi modelli riesce a stravolgere quella che chiamavamo legge di natura. Se è così, costituisce il segnale di qualcosa di drammatico: l'evidente inarrestabile declino di una civiltà ingolfata nei suoi insostenibili consumi. Obbligati a continuare a comprare automobili e cellulari per non innescare la spirale della disoccupazione a catena, ma senza un senso alle nostre giornate. Occorre ritrovare un senso. Perché quando accade che vengano uccisi dei bambini - i bambini sono di tutti, non dei loro genitori - si produce, assurdamente, un dolore che sarebbe evitabile. Un dolore devastante e becero, insensato; e il segno, insieme, che si è perso senso e voglia di vivere. Che si comincia a perdere l'essenziale.
ciao, bello di mamma!