domenica 6 maggio 2012

...non di solo sport si muore...


Si può morire a vent’anni su un campo di calcio, di atletica, di basket? Sono questi gli interrogativi che campeggiano sui tutti i media dopo la morte di alcuni sportivi nel pieno della loro attività agonistica.
Io, però, mi chiedo: si può vivere pensando che non si può morire così? E quant’è che si è arrivati a credere che esistano differenze su come e dove morire, su chi deve morire prima e chi dopo, soprattutto quando continua a succedere in carcere, in guerra, in strada, per razzismo, per violenze?
"… però un campione nel fiore degli anni…" e chi lo recide il fiore degli anni? Tifiamo solo per chi vediamo e mai per gli invisibili, quelli a cui non è dato il dono della salute, la gioia di vivere e di vincere … vincere cosa, poi? siamo ancora qui a parlare di squadra, di bandiera, di simboli: ma quanti fanno squadra, si allenano a ben altra vita, corrono e nessuno plaude e nessuno paga? Sembra retorica, ma non lo è: è che non se ne può più dell’"era uno di noi, il ragazzo della porta accanto", dell’invulnerabilità del campione, del mondo guasto di “partite” di frutta marcia, di doping, di calcio scommesse, di pugni ,calci e sputi sui campi, di giocatori che si piegano al volere di quattro scalmanati che gli intimano di “deporre” le magliette…
Ma per piacere!... diamo nuovo senso al pianto, deviamo le lacrime e usiamole anche per chi non ricordiamo mai, ma ci ricorda altri fini, altri modi di esistere e di vivere anche lo sport. Facciamo meno letteratura sul mito del pallone: raccontiamo la morte, che non ha serie A,B o C, e che l’ingiustizia porta altre maglie, sventola altre bandiere.




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