domenica 12 giugno 2011

Sull’ingratitudine e sull’invidia


Quando di una persona hai detto che è un ingrato hai detto tutto il peggio che potevi dire di lui. (Publilio Siro)

Il segno più sicuro che si è nati con grandi qualità è l'essere nati senza invidia.
(François de . La Rochefoucauld)



Nel corso degli ultimi anni spesso sono stata oggetto di rimproveri e di attacchi ingiustificati da parte di persone, in particolare parenti vicini e lontani (che non so dove attaccano tanta spocchia): mi sono sentita volutamente fraintesa, volutamente colpita. Gran parte delle volte il dardo è stato scoccato dalla mano di chi aveva ricevuto il mio affetto, sincero, incondizionato, senza dubbio ingenuo (ospitalità, disponibilità, ecc).
Ho allontanato molte persone, senza rimpianti. Anch’io ho mille difetti e so che la percezione che abbiamo di noi stessi, non è quella che hanno gli altri di noi. Perciò so di essere permalosa, presuntuosa (sulle cose di cui ho certezza), ho molta autostima (non so se è un difetto), impulsiva (non conto fino a 10)… ma l’ingratitudine no, non la tollero e l’invidia mi inquieta. E ho perso, con l'esperienza, anche la mia tendenza a dare al prossimo più di quanto concedessi a me stessa. Sono diventata più forte, più conscia nelle frequentazioni e meno incline al compromesso. Ma, novella Amélie, ho conservato intatto il desiderio puro di regalare a chi mi circonda un pò di spensieratezza: sono contenta se riesco a rendere qualcuno più sereno con un sorriso, un regalo, un caffè, un dolcetto, una parola buona. Ma mi accorgo che sono ancora molto incapace a riconoscere il male che cova nel prossimo, a smascherare le doppie facce, a difendermi dall’ingratitudine e dall’invidia.
Ci sono delle persone che a prima vista, a pelle, mi provocano un senso di fastidio, riesco subito a captarne l’ipocrisia, la falsità, la disonestà intellettuale, grazie al mio intuito; ma ce ne sono altre che riescono così bene a mascherarsi che se non ci sbatto con il muso, non riesco subito ad inquadrarle. Sono quelle che si lamentano di tutto e di tutti; quelle che hanno il delirio di onnipotenza; quelle che covano rabbia e odio verso altri che non gli hanno fatto niente, che hanno la colpa di occupare un posto superiore o di essere più giovani; sono quelle persone che nella loro vita non hanno realizzato nulla se non il vivere alle spalle di qualcuno e, quando questo qualcuno non c’è più, si rivoltano contro chi ha sempre lavorato per realizzarsi, con rimproveri telefonici e “stoccatine verbali”; sono quelle che si sentono le migliori nel loro lavoro; sono quelle che non ti dicono mai “grazie” per un piacere ricevuto; sono quelle che non ti fanno mai i complimenti per un piccolo successo raggiunto; sono quelle che vomitano la loro ingratitudine nel momento e nel luogo sbagliato, su chi le ha sempre trattate bene … ma sono quelle che pretendono rispetto, vorrebbero essere osannate solo perché compiono il loro dovere; sono quelle che vorrebbero sentirsi dire ogni momento - sei la più bella, la più brava, la più intelligente … la più colta!!!??? -, sono, insomma, quelle dominate da frustrazioni che scaricano sugli altri, che, per educazione, che loro non sanno cosa sia, le sopportano.
Ecco, di fronte a queste persone in me scatta quel sentimento che è peggio dell’odio: l’indifferenza. Non le calcolo più, non le cerco, le evito, non ci voglio parlare, perché sono persone che non meritano più la mia stima
Nei primi anni di insegnamento un giorno, durante la lezione, una ragazza non molto portata per le mie discipline, ma molto intelligente, mi chiese un giudizio sul lavoro che aveva terminato. Le elencai solo i lati positivi e nel parlare dei suoi pregi riuscii a far emergere i difetti senza offenderla nemmeno un pò. Finita la lezione, in disparte, mi chiese il motivo di una risposta così piena di fiducia ( ho già detto che si trattava di una ragazza molto intelligente). Le risposi col sorriso aperto: "La mente dell'uomo reagisce sempre meglio al sì piuttosto che al no. Se io avessi rimarcato i tuoi errori, le tue mancanze, probabilmente dentro di te si sarebbe creata una bolla di sfiducia. E dalla sfiducia non nasce mai nulla di buono."
E’ questo il mio approccio con le persone: quando entro in contatto con qualcuno, mi viene spontaneo guardare i lati buoni, ampliarne le potenzialità, credere con tutta me stessa che la sua luce sia più forte dell'ombra.
Io scelgo sempre di credere. Eppure, continuo a ricevere delusioni proprio dalle persone che più mi sono sforzata di capire, quelle delle quali mi sono fidata. Per me fidarmi è naturale, è sano, è creativo. Per questo non riesco a comprendere a fondo quel sentimento ostile che va sotto il nome di ingratitudine. Stento a capire per quale motivo la gente covi una tale ostilità nei confronti di chi gli ha fatto del bene, nel limite delle sue possibilità, che mette tutte le sue forze per rimproverarla e mortificarla. Ora ho capito: l’ingratitudine nasce anche dall’invidia che queste persone nutrono nei confronti di chi ha un approccio diverso con la vita.
Da sempre so, ma solo da poco sto sperimentando, che tutto fa da specchio. L'insicuro rinfaccia insicurezza; l'egoista lamenta egoismo; l'avido accusa di venalità, proprio quell'avido a cui è stata riservata la generosità più disinteressata.
Qual è la differenza rispetto agli ultimi anni? Cosa ho imparato che mi aiuti a vivere?
La risposta sarebbe così ampia da occupare ben più di un intero post.
Mi accontento di dire che adesso, finalmente, dopo tante esperienze negative, ho tutto quello che avevo sempre desiderato: non sentirmi in colpa se tra me e le persone ingrate ed invidiose ho interposto l’indifferenza.
Ho il mio mondo a cui non manca niente, sono protetta, al sicuro, e ho preziosi alleati.
E’ questo il mio salvagente personale, me lo sono guadagnato.

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