domenica 22 aprile 2012

ma di chi state parlando?

Esodati, rassegnati, invisibili … non so a voi, ma a me sembra che questo governo tecnico vorrebbe cambiare le carte in tavola utilizzando eufemismi strani, che si ostinano a chiamare “linguaggio politicamente corretto”.  Il significato di questo linguaggio, secondo il dizionario Zingarelli è “il mutare nome alle cose mantenendone però invariata la sostanza, l'adoperare eufemismi e termini socialmente accettabili per definire realtà che non lo sono, ma anche l’auto-convincersi che le cose siano mutate solo perché le chiamiamo in un modo diverso da prima”.
Così il governo professorale, tecnico o piagnone che dir si voglia, una volta superato lo scoglio della riforma del mercato del lavoro, ha promesso che a breve risolverà anche il problema degli “esodati”.
Ma chi sono gli “esodati”?
 Sono lavoratori che hanno maturato il diritto alla pensione rimanendo bloccati per anni nel traffico caotico del grande esodo in partenza per le vacanze? o  sono lavoratori disoccupati che nel tempo libero tornano a leggere la Sacra Bibbia, segnatamente il libro dell’Esodo, laddove si parla della diàspora? o sono fans incalliti della comunità Exodus di don Mazzi?
No, gli esodati sono quei  lavoratori incentivati a uscire dal posto di lavoro in cambio del diritto alla pensione, ma che si sono ritrovati con la legge cambiata, per cui, in pratica, oggi si trovano in una situazione molto critica: nessuno stipendio e nessuna pensione. Voi come chiamereste queste persone? In mille modi: doppiamente sfortunati, iellati, bugerati, scalognati, disgraziati, sfigati. Siccome però viviamo in tempi di linguaggio “politicamente corretto”, per loro è stato inventato questo neologismo da fiume in piena: “esodati”.
Ecco avanzare la schiera dei “lavoratori scoraggiati”…
Chi sono? Lavoratori “senza coraggio? No, non si possono definire così. Innanzitutto più che lavoratori sono disoccupati, persone quindi senza un lavoro, i quali però non stanno cercando attivamente un lavoro.
Sono disponibili a lavorare, ma non cercano, almeno per il momento, un lavoro perché credono che non ci siano posti disponibili e che pertanto la loro eventuale ricerca di un lavoro sarebbe inutile.
Al Quinto stato appartengono gli “invisibili” : lavoratori a progetto, interinali,  denominati anche con il terribile termine di  "somministrati"(come le supposte?). Molti sono già stati espulsi dal mercato del lavoro (la maggior parte) da questa crisi economica; molti lo saranno a breve. La gran parte non ha diritto a nessun tipo di "paracadute", nessun tipo di ammortizzatore sociale, oscillano tra l'inattività lavorativa e l'impiego saltuario, svolgendo per lo più mansioni a bassa qualifica professionale, anche se la maggior parte possiede lauree, masters e altri titoli; accettano in linea di massima, qualsiasi mansione, non pongono questioni di natura contrattuale, lavorano a buon mercato e sono disponibili alle richieste del datore di lavoro sacrificando all'occorrenza il proprio tempo libero. Si tratta alla fine di un tipo di flessibilità che nei fatti non è flessibile, bensì uno stato permanente di bisogno che li pone come soggetti produttivi fragili, intercambiabili e sostituibili: è sufficiente non avere il rinnovo contrattuale per ritrovarsi in una condizione di precarietà esistenziale.
Questa condizione sembra essere divenuta la normalità. Non può essere normale che questa società la accetti.
Nel linguaggio politicamente corretto è ormai desueta una piccola, semplice parola: persona, cioè quell’essere  dotato di coscienza di sé e in  possesso di una propria identità, di dignità si cambiano con eufemismi strani e anche offensivi i diritti della persona, la dignità della persona …
Cari professori, ministri, piagnoni, tecnici, ma di cosa state parlando?

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