sabato 16 luglio 2011

Alla fine...pioverà!

Non amo molto la televisione, la sera preferisco leggere, anche perché è l’unico momento della giornata, soprattutto nel periodo scolastico, in cui mi riesce di farlo. Seguo molto i notiziari, i tg, detesto i talk show, perché tutti urlano e si agitano, o i salotti con dame nullafacenti e spocchiose, mi piacciono i documentari sulla natura e quelli tecnico-scientifici, impazzisco per Blob (rai3 ore 20,05) perché con ironia , satira e sarcasmo commenta i fatti del Bel Paese, seguo con interesse Fazio, un posto al sole e qualche film.
Per  non essere “fuori dal tunnel” ho installato di recente anche il decoder, per avere più scelta nella selezione dei programmi. Quello mi mancava! Tra i tanti canali italiani, posso spaziare anche in quelli esteri e, anche se non capisco la lingua, le immagini mi portano comunque a fare delle differenze tra le nostre tv e quelle straniere. A cominciare dalla sinteticità e la concisione delle parole. In questo nostro logorroico paese, dove per dire affermo si dice non posso non riconoscere e nei bagni degli alberghi si trovano sacchetti di plastica in diverse lingue e mentre in inglese si legge "bag for sanitary pads",  in italiano "si prega vivamente di depositare in questo sacchetto gli eventuali assorbenti igienici", anche la televisione si adegua. Ho cronometrato mentalmente le sigle dei tg: dai 14 secondi quella francese agli 8, dico 8, quella svizzera, mentre la nostra, fra trombe e consonanti che esplodono sullo schermo come un festoso fuoco pirotecnico, sfiora i 20.
Ma perché ne vogliamo parlare delle sigle che trionfano per annunciare la  pubblicità? Mentre le Tv straniere riducono all’osso nella prodigiosa intuizione che è tutto tempo sottratto ai programmi, da noi i siparietti, le farfalle i jingle e gli altri short vengono montati in solenni cornici in stile spaziale, oppure furoreggiano solidi geometrici che si ingrandiscono e si rimpiccioliscono, si sovrappongono fra arcani accordi di musica elettronica, si dividono in due, vengono tranciati da una riga, fanno una piroetta e si dissolvono nel tubo catodico…
Nelle previsioni  meteo surclassiamo largamente l’universo mondo televisivo: nelle altre nazioni si vede il profilo del paese e una incolore voce fuori campo annuncia laconicamente neve al sud, sole al nord, fra due giorni neve dappertutto, fra una settimana probabilmente andrà meglio e tornerà il sereno. Da noi colonnelli in divisa alcuni armati di bacchetta altre (ultimamente sono state inserite le quote rosa, senza divisa) alla guida di un touchscreen che smanettano con furore, partono sempre da lontano, come minimo dalle Azzorre o da un circoletto con la lettera A che per il momento sta sulla Groenlandia ma che, se il fronte anticiclonico in arrivo dall’Atlantico eviterà le masse d’aria umida provenienti dagli Urali potrebbe anche arrivare dalle nostre parti. E le correnti in quota oltre i diecimila? Allora diventa un thrilling emozionante: dunque prima di parlare dell’Italia si esplora il bacino del Mediterraneo, si spiega perché non si sono verificate le condizione di generale attenuazione dei fenomeni previsti, si accenna anche all’eventuale inclinazione dell’asse terrestre e a questo punto – ah, il tempo è tiranno! – la telenovela  metereologica volge al termine, si vede l’Italia con nuvoloni o sfere solari ovunque, venti meridionali e via …previsionando. Tanto alla fine...pioverà!
Anche questo logorroico piacere di parlare è una tipica caratteristica del popolo italiano che, in barba a tutte le antenne, le netiquette e bon ton, resta sempre il più simpatico e anche il linguaggio televisivo ne è una conferma.

  • La televisione è come la storia: c'è chi la fa e chi la subisce (Fabrizio De Andrè)


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